Nell'anniversario dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri una nuova occasione di confronto intorno all'eredità del poeta è stata offerta agli studenti di Italianistica dell'Università del Litorale e agli appena un po' più giovani allievi del Ginnasio Carli, anch'essi invitati a seguire la conferenza del dottor Franco Fornasaro, farmacista con la passione per la ricerca e la scrittura, autore di molte pubblicazioni, sugli "Elementi adriatico-orientali tratti dalla vita di Dante". Una prima questione affrontata è stata quella della presenza più o meno documentata, reale o immaginaria del poeta esule nelle nostre zone e in Istria in particolare. Le tradizioni locali vogliono Dante presente a Udine, a Duino, a Tolmino, a Gorizia, a Parenzo e naturalmente a Pola, citata nei celebri versi del IX canto dell'Inferno, in cui viene descritta con precisione la necropoli romana allora esistente e menzionato il limite orientale d'Italia, segnato (dice Dante) dal golfo del Quarnero.

Ma è possibile che l'autore della Divina Commedia abbia effettivamente visitato l'Istria?

"Potrebbe anche essere vero", argomenta Fornasaro. "Di sicuro Dante da queste parti in qualche modo è transitato. Potrebbe essere anche stata la foiba di Pisino. C'è un Dante citato in un processo a Parenzo agli inizi del Trecento, potrebbe essere che lui abbia visto il sepolcreto di Pola prima che venisse modificato. Ma quello che è da dire è che far emergere da questo, 'sic et simpliciter', una corrispondenza tra i vecchi confini di un'Italia che in quel momento non esisteva se non in nuce e in itinere proprio attraverso l'intervento letterario di Dante, ce ne corre. Io penso che il mondo nazionalista e nazionalistico che su queste vicende ha poi tessuto tutto un intreccio storico sul finire dell'Ottocento e per buona parte del Novecento, dal mio piccolo punto di vista - ma anche dal punto di vista di insigni studiosi - sia completamente da rigettare".

"Dante in esilio", dipinto di D. Peterlini (1861 ca)