Un paio di cose, tra le tante, per ricordare e omaggiare l'impegno culturale e civile di Alberto Arbasino. Nel 1961 uscì sul "Il Mondo", settimanale indipendente di politica e cultura di Mario Pannunzio, il racconto» La bella di Lodi«, magistrale nel rendere il clima del boom economico, dal quale Arbasino trasse poi la sceneggiatura del film omonimo uscito nel 1963 per la regia di Mario Missiroli, alla sua prima e ultima -per sua volontà- regia cinematografica, con Stefania Sandrelli nel ruolo di Roberta, la disinibita protagonista. Nel 1972 l’autore avrebbe poi riproposto la stessa vicenda con lo stesso titolo in forma di romanzo, uno dei suoi libri di maggior successo. Questa era una delle caratteristiche peculiari di Arbasino, quella cioè di volere spesso rielaborare le proprie opere, arricchirle e modificarle nelle edizioni successive.
Il caso più significativo è »Fratelli d'Italia«, un romanzo che considera in forma complessa e irriverente la nomenclatura culturale italiana, uscita nel 1963 da Feltrinelli, che associa definitivamente Arbasino alla galassia neoavanguardista di Gruppo 63, nato nel 1963 a Palermo.
L'altro impegno civile che vorremmo ricordare di Alberto Arbasino sono le sue collaborazioni con i più importanti quotidiani italiani, dal »Giorno«, al »Corriere della Sera«, fino al lungo sodalizio da editorialista con «la Repubblica». Fino dagli anni Settanta Arbasino si era sempre più caratterizzato come saggista e osservatore del costume, caustico censore della tradizione cattolica, come pure del conformismo progressista. Dalla carta stampata il passaggio al video è stato quasi naturale. Per Rai Due aveva condotto nel 1977 un programma molto seguito, »Match«. Dopo il progressivo esaurimento della sua stagione creativa più intensa e vivace, Arbasino era rimasto un protagonista. Viaggiatore infaticabile anche in tarda età, aveva continuato a raccontare il mondo, a rievocare eventi e personaggi, a divertire i suoi lettori raccontando l'Italia del dopoguerra e quella stralunata dell'epoca postmoderna.

Miro Dellore

Foto: Radio Slovenija
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