I dialetti di cui è ricca l'Italia - un colorito, vivace mosaico - sono un patrimonio culturale di straordinario valore. Da tutelare e se possibile tramandare alle nuove generazioni.
Sull'opportunità di insegnarli a scuola, però, è molto cauto il professor Nicola De Blasi, accademico della Crusca e recente autore di uno studio sul dialetto dopo l'Unità, dal 1861 ad oggi ("Il dialetto nell'Italia unita. Storia, fortune e luoghi comuni", Carocci).

Foto da sito Università di Napoli
Foto da sito Università di Napoli

"Su questo punto occorrerebbe fare un po' di chiarezza perché quando si parla di presenza di dialetti a scuola bisognerebbe intendersi su cosa si intende. A scuola in genere si procede per obiettivi didattici, e quindi si tratterebbe di definire cosa si vuole raggiungere proponendo un'attenzione per i dialetti nella scuola. I dialetti non sono stati mai insegnati a scuola, invece in diversi momenti della nostra storia post-unitaria c' è stata una certa attenzione per i dialetti. Inizialmente, tra fine '800 e inizio '900, soltanto perché il dialetto in alcuni casi era considerato il punto di partenza per arrivare all' italiano. Oggi forse un'attenzione per i dialetti dovrebbe rappresentare soprattutto un'attenzione più meditata, più attenta verso la nostra storia linguistica, che è una storia linguistica complessa; quindi maggiore attenzione per l'italiano, per le diverse varietà linguistiche usate in Italia, quindi anche per i dialetti. Ma non perché si debbano insegnare i dialetti nella scuola, ma perché un'osservazione della realtà, anche della realtà linguistica, può essere importante per permettere agli alunni di acquistare una maggiore consapevolezza nella comunicazione. E da questo lato anche una consapevolezza che è esistita ed esiste una grande, importante letteratura dialettale. Queste consapevolezze non possono che arricchire un panorama culturale; ma non si può pensare, come forse alcuni fanno, che l'attenzione per il dialetto debba sostituire l' attenzione per l'italiano poiché sappiamo invece che se in Italia c'è un'emergenza linguistica, la principale emergenza linguistica consiste proprio nel fatto che occorre costruire una maggiore attenzione nell'uso della lingua italiana, sia nella comunicazione parlata, sia soprattutto nella comunicazione scritta. Quindi attenzione a non usare i dialetti in una chiave di ostilità verso l'italiano, sarebbe un errore gravissimo che ci farebbe perdere il contatto con la nostra tradizione culturale, con la nostra lingua di cultura, la principale, che è l'italiano".

E il professor De Blasi ci offre un altro interessante spunto di riflessione. Oggi più di ieri, quando si discute di dialetti c'è sempre chi protesta: "Ma il napoletano (o il siciliano o il veneto o il piemontese e così via) non è un dialetto, è una vera e propria lingua", quasi che 'dialetto' fosse una brutta parola. Dimenticando che i dialetti sono comunque lingue, non ufficiali, ma lingue. Derivate dal latino proprio come l'italiano. Affermazioni di questo tipo, fa notare lo studioso, abbondano soprattutto in rete.
"Proprio la popolarità dei dialetti è in qualche modo un segno importante della loro vitalità. Molte persone di occupano dei dialetti e questo sicuramente è un dato positivo. Non sempre questo interesse è sostenuto da una effettiva conoscenza di alcuni aspetti, anche della storia scientifica della nozione di 'dialetto', per esempio. Per cui si tende a pensare che 'dialetto' sia una definizione riduttiva, quasi offensiva. In realtà i dialetti non sono una deformazione dell'italiano, la parola 'dialetto' indica delle varietà linguistiche locali direttamente derivate dal latino. Questo è nella tradizione linguistica italiana, laddove invece nella tradizione linguistica anglo-americana i dialetti rappresentano un modo particolare di parlare la lingua. Quindi in questa diversa nozione e in questo diverso uso della parola scattano anche molti fraintendimenti, per cui molti di coloro che difendono il dialetto si sentono in dovere di dire che alcuni dialetti, appunto, non sono tali ma sono delle lingue; difendendo i dialetti per così dire contro delle presunte aggressioni che in realtà non ci sono. Nessuno studioso che usa la parola 'dialetto' intende sminuire un uso linguistico particolare".

Ornella Rossetto