Correva l'anno 1814 e dopo il dominio napoleonico in Istria era ritornata l'Austria, quando il feldmaresciallo conte Laval Nugent dava disposizioni affinché dalla facciata del palazzo dell'Armeria a Capodistria venisse staccato il grande leone marciano di epoca cinquecentesca collocato sopra il portale. Trasferita dapprima a Vienna, la pregevole opera, orgoglioso simbolo della Serenissima, andò nei decenni successivi a ornare il mausoleo che il generale aveva fatto erigere nel suo castello di Tersatto, a Fiume. E qui il rilievo in pietra d'Istria si trova tuttora, sebbene non più nella posizione originale sopra l'ingresso della cripta, ma sul sentiero che porta all'ingresso della rocca.

Una vicenda ora raccontata in un volume della Società umanistica Histria ("Il Leone marciano dell'Armeria. Da Capodistria a Tersatto") che raccoglie gli interventi di una tavola rotonda organizzata dall'associazione nel 2014 - bicentenario della rimozione del leone - con il proposito di aprire una riflessione su una possibile formula per tutelare e valorizzare la scultura. Firmano il volume, curato da Brigitta Mader e coedito dalla Comunità degli italiani "Santorio Santorio", studiosi dei quattro Paesi coinvolti e un grande specialista come il veneziano Alberto Rizzi: tutti concordi nel sostenere che sarebbe opportuno almeno porla in un luogo più consono, oltre che farne una copia da ricollocare nel suo sito di Capodistria.

Con la pubblicazione degli Atti si esaurisce il compito dell'associazione, e sta ora "agli organi preposti proseguire in questo intento e tracciare il suo eventuale percorso inverso da Tersatto a Capodistria", ha affermato durante la presentazione a Palazzo Gravisi lo storico Dean Krmac, redattore responsabile delle Histria Editiones, e autore di un interessante contributo sui tentativi fatti dai capodistriani fra le due guerre per riavere il leone dell'Armeria, ma senza esito. Citando ancora lo studioso, oggi il suo ritorno, anche solo in forma di replica, andrebbe "ad arricchire ulteriormente il patrimonio monumentale che fa già di Capodistria", ricca di sculture raffiguranti l'emblema della Repubblica veneta, "la città - assieme a Belluno - proporzionalmente più stemmata di tutto il Dominio della Serenissima".