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Non è italiano ma tedesco uno dei più grandi studiosi dei dialetti d'Italia del Novecento: Gerhard Rohlfs, berlinese, a cui dobbiamo importanti studi, in particolare sui dialetti dell'Italia meridionale, e una grammatica storica dei dialetti della penisola e della lingua comune su cui hanno studiato generazioni di studenti di Lettere. La Calabria, frequentata per sessant'anni, a partire dagli anni Venti e fin quasi alla morte, avvenuta nel 1986, fu la sua patria adottiva, la terra di elezione per i suoi scavi linguistici. Da archeologo delle parole, come era soprannominato, sempre alla ricerca di nuovi reperti sul campo, a contatto con le persone semplici, contadini e pastori incontrati durante i suoi viaggi di studio nella punta estrema dello Stivale, percorsa in modo spesso avventuroso a piedi, a cavallo, a dorso di mulo. Di questa gente comune il linguista, titolare di cattedra universitaria in Germania e socio straniero dell'Accademia della Crusca, aveva imparato a parlare il dialetto come fosse stato il suo.

Gerhard Rohlfs indagò con speciale attenzione le zone del Sud, Calabria e Salento, dove si parlavano e in parte ancora si parlano dialetti italo-greci, in cui lo studioso sentiva "echeggiare i suoni di un remotissimo passato magno greco". Teoria discussa, perché altri datano questa sopravvivenza all'epoca bizantina, ma tutti i maggiori linguisti italiani del tempo riconobbero l'importanza dell'opera di Gerhard Rohlfs.

È bello che la sua figura, così ricca di passione per l'Italia e il suo mosaico linguistico, venga ora celebrata in un libro per ragazzi, "L'archeologo delle parole", di Lilith Moscon. Consigliato dai sette anni in su, con le illustrazioni di Francesco Chiacchio, è pubblicato da TELOS di Campobasso.