La complessa vicenda del confine orientale, con i suoi eventi dolorosi e drammatici le cui conseguenze sono tuttora avvertibili, è approdata al cinema ben prima di "Red Land - Rosso Istria" (2018) o dell'altrettanto controverso "Il cuore nel pozzo" (2005). Il primissimo a farne memoria è un film del 1948 (ma uscito l'anno dopo) sull'esodo da Pola, "La città dolente" di Mario Bonnard, realizzato si può dire in presa diretta, contemporaneamente agli avvenimenti di cui tratta. Quasi un instant-movie, insomma, come lo definisce il critico veneziano Alessandro Cuk, esperto del 'cinema di frontiera' e anche presidente del comitato provinciale di Venezia dell'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che alla pellicola ha dedicato il suo ultimo libro ("La città dolente - Il cinema del confine orientale", ed. Alcyone). Il film, che ebbe tra i suoi sceneggiatori lo stesso Federico Fellini, allora non ancora il regista famoso che sarebbe diventato, mescola realtà e finzione, con molti spezzoni tratti dai cinegiornali dell'epoca. Ai giorni reali dell'esodo appartengono per esempio le immagini - notissime - del piroscafo Toscana nel porto di Pola e i volti di quei trentamila polesi che abbandonarono la città nel terribile inverno del 1947. Proprio in questo mix da docu-fiction ante litteram consiste, secondo Cuk, il pregio di un film che passò praticamente inosservato quando uscì, ma che "visto con gli occhi di settant'anni dopo", pur con dei limiti "sembra un affresco attendibile di un'epoca che può testimoniare una pagina di storia strappata e caduta per decenni nell'oblio e nella colpevole dimenticanza". (ornella rossetto)