Non erano certo troppo numerose, fino a pochi anni fa, le traduzioni italiane di opere letterarie slovene. Se le cose stanno cambiando, un merito non trascurabile va attribuito anche al prezioso lavoro di alcuni infaticabili mediatori. Una di questi era la traduttrice Jolka Milič, da poco scomparsa, che si è dedicata soprattutto alla poesia di Srečko Kosovel, tanto da farlo diventare in assoluto il poeta sloveno del Novecento più tradotto in italiano. Recenti sono le nuove traduzioni di un altro grande classico come Ivan Cankar (curate da Darja Betocchi e Paola Lucchesi), da considerare a tutti gli effetti come una voci più significative della narrativa europea, e nuovamente sul versante della poesia quella dei versi di Alojz Gradnik o delle "Poesie" di France Prešeren, il padre della letteratura slovena moderna, ad opera di Miran Košuta. Tra gli autori contemporanei, è folto il gruppo di poeti e scrittori di ambito sloveno-triestino che vengono regolarmente pubblicati in italiano, da Alojz Rebula a Miroslav Košuta fino a quell'autentico outsider che è Boris Pahor, a 107 anni figura ormai quasi leggendaria della letteratura di testimonianza. Scoperto in Italia a partire dalla pubblicazione, nel 2008, del memoir "Necropoli" e da allora oggetto di costante attenzione, si contende la palma di autore di lingua slovena più noto a un pubblico vasto con il filosofo Slavoj Žižek, uno dei più incisivi pensatori contemporanei. Ma i lettori italiani possono trovare tradotte anche le poesie di Tomaž Šalamun e romanzi di Lojze Kovačič, Drago Jančar e dei più giovani Miha Mazzini, Goran Vojnović (Premio Latisana per il Nord-Est con "Jugoslavia, terra mia") e parecchi altri: tutti usciti, però, salvo eccezioni, presso piccoli editori, spesso i soli disposti a prestare loro ascolto.

Ornella Rossetto

Lo scrittore Boris Pahor, foto Rtvslo
Lo scrittore Boris Pahor, foto Rtvslo