Le storie sulle malattie infettive sono nate, probabilmente, insieme all'umanità, perché le grandi epidemie hanno ciclicamente attraversato, segnandola, la nostra storia. E fatto temere a uomini e donne atterriti dal diffondersi del contagio la fine del mondo.
In età classica autori come lo storico Tucidide e il poeta Lucrezio hanno raccontato gli effetti devastanti della peste nera che colpì Atene nel V secolo a.c.
Boccaccio nel Decameron ha descritto la Firenze appestata del Trecento e dopo di lui Manzoni nei Promessi sposi il flagello che sconvolse Milano nel Seicento sondando in pagine celebri gli effetti della peste sulle relazioni umane: i comportamenti irrazionali delle masse, la caccia all'untore. Nel Novecento il tema dell'epidemia trova un grande interprete in Albert Camus, che lo eleva a metafora di un male sociale ancora più grande, il totalitarismo, e valenza simbolica ha la misteriosa epidemia di cecità del Nobel José Saramago, che racconta un'umanità spietata, incapace di vedere le cose.
E con la letteratura, tanti film. Epidemie e virus hanno trovato terreno fertile nel mondo del cinema , ricco di pellicole dagli scenari apocalittici. Tra i più famosi in anni recenti
"Contagion" di Steven Soderbergh, in cui si racconta di un virus letale che, partendo dalla Cina, provoca milioni di vittime in tutto il mondo. Andando un po' indietro nel tempo, un cult del genere è anche la serie tv "I sopravvissuti", una produzione britannica degli anni Settanta. Era la storia di un pugno di persone scampate a un'epidemia così grave da sterminare quasi per intero il genere umano. Focolaio del contagio, coincidenza, anche in questo caso il Paese del Dragone.
Ornella Rossetto