Foto: BoBo
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Centosei intensi anni, vissuti con tenacia e lungimiranza, testimone degli orrori del fascismo e nazismo, una vita splendida e al tempo stesso terribile. Boris Pahor, è autore di una trentina di libri, tra cui il capolavoro Necropoli, opere che lo identificano come protagonista e memoria storica del Novecento. Una figura di intellettuale tout-court, per le posizioni assunte in favore del rispetto delle minoranze e dei diritti umani, per l’onestà e la coerenza che lo identificano. Parlando del personaggio piace ricordare la sua autobiografia intitolata “Così ho vissuto. Il secolo di Boris Pahor”, a cura di Tatjana Rojc, uscito anche in italiano per Bompiani, e poi “Triangoli rossi”, con cui racconta i campi di concentramento dimenticati, ovvero le vicende tragiche dei deportati politici vittime dei nazisti e dei numerosi campi fascisti, prima e durante il secondo conflitto mondiale. Il libro è dedicato ai giovani, perché prendano coscienza di quanto successo e affinchè – come ribadisce ad ogni occasione Pahor-non abbia a succedere mai più. Scomparsi Gillo Dorfles nel marzo 2018 a 108 anni, e Andrea Camilleri, a 93 anni nel luglio scorso, oggi rimane forse l'ultimo Grande Vecchio, colui che, in qualche modo, incarna il 'Novecento. Nato sotto Francesco Giuseppe, Pahor, convinto europeista, sottolinea sempre l'importanza dell'Unione europea: "E' preziosa”. Lanciando un monito: "Penso che la storia possa tornare", mostrandosi preoccupato dell’affermazione del populismo sovranista in numerosi paesi europei.

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