Domenico De Martino, studioso di Dante e direttore artistico del festival dantesco di Ravenna Dante 2021, commenta per Radio Capodistria l'affermazione del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano su "Dante Alighieri fondatore del pensiero di destra in Italia". Una provocazione culturale, ha puntualizzato in seguito lo stesso ministro, riconoscendo che destra e sinistra sono categorie moderne, che non esistevano al tempo del poeta, il quale, "se lo si preferisce, si può definire un conservatore".

Professor De Martino, quanti di noi hanno studiato Dante a scuola come il più grande poeta che l'Italia abbia mai avuto e il padre della nostra lingua, saranno rimasti sorpresi della lettura ideologica che il ministro ha voluto dare della sua opera. Lei cosa ne pensa?

"Farei due tipi di ragionamento, l'uno di metodo e l'altro di merito. Credo che un ministro non abbia o non debba avere tra i suoi compiti quello di dare una linea politica nell'interpretazione di fatti culturali e artistici, ma quello di favorire e di sostenere la cultura. E qui entriamo nel merito. Fare cultura significa, io credo, capire approfonditamente nella storia; quindi attribuire valori, termini contemporanei a un autore morto settecento anni fa va contro la cultura, non è cultura, nemmeno come provocazione".

Però è vero che la figura di Dante nel corso dei secoli è stata spesso strumentalizzata per visioni politiche di parte ...
"Non userei questo termine, strumentalizzata. Certo, ogni tempo ha dato una sua lettura, legata ai valori di quel tempo. La ricezione delle opere di Dante e' variata nel corso del tempo, il poeta e' stato anche piu' amato o meno amato. Per farla semplice: se abbiamo commesso degli errori, dobbiamo continuare a fare degli errori? Direi che possiamo evitare, anche perche' oggi siamo arrivati alla concezione che certamente la valutazione di un artista, un letterato, un poeta sta nella storia e nella fedeltà al testo: siamo in direzione di una lettura "più oggettiva" e appunto meno esposta a letture parziali".

Il Dantedì, la giornata nazionale in onore di Dante che si celebra il 25 marzo rischia di diventare adesso una data divisiva?
"Io spero di no, veramente mi fa male al cuore, come si dice. Dante scriveva per "la futura gente", per l'umanità, voleva liberare l'umanità dallo stato di miseria in cui si trovava, e non è un caso se per settecento anni il suo messaggio è arrivato forte e decisivo. Perché ha parlato dell'uomo per l'uomo. Certo, era un uomo di parte anche lui, coinvolto nel suo tempo, e condannava i suoi nemici, ma il senso profondo è unitario, è veramente "le stelle che guardano sopra l'umanità ". Sarebbe un assurdo che una festa come quella del Dantedì diventasse divisiva o addirittura di parte. Vediamo di evitare una cosa che davvero non ha senso e farebbe, diciamolo, solo un po' di vergogna e basta".