Sergio Leone se ne andava giusto trent'anni fa, il 30 aprile 1989, ad appena sessant'anni, dopo aver consegnato alla storia del cinema sette film rimasti mitici. Il primo nel 1964, "Per un pugno di dollari", con un leggendario Clint Eastwood allora semisconosciuto e la colonna sonora di Ennio Morricone. Film che inaugura il genere spaghetti-western e dà vita alla cosiddetta trilogia del dollaro proseguita con "Per qualche dollaro in più" e "Il buono, il brutto e il cattivo". Poi sarebbero arrivati "C'era una volta il west", pellicola fitta di star (Henry Fonda, Charles Bronson), "Giù la testa", e infine nel 1984 la saga interpretata da Robert De Niro di "C'era una volta in America", tutti con le musiche straordinarie del compositore premio Oscar, che hanno contribuito a fissare nel nostro immaginario collettivo scene di pistoleri e dei gangster di "C'era una volta in America".
Chi l'avrebbe detto che il western, "il cinema americano per eccellenza" per citare il grande John Ford, sarebbe stato reiventato da un italiano, anzi da un "romano de Roma" che l'inglese non lo sapeva neppure parlare? È questa l'impresa compiuta da Sergio Leone, "narratore di favole contemporanee", come è stato qualificato il regista, storie in cui "c'è la morale, l'insegnamento, in un misto di attese, solitudine e ricordi", storie lontane dal tono evocativo ed eroicizzante del genere classico. E poi quel modo di usare la cinepresa, l'uso sapiente dello zoom, fra primissimi piani e piani lunghissimi, che ha inaugurato uno stile molto imitato di cinema moderno, una maniera Leone che ha ispirato intere generazioni e scuole di cineasti, dallo stesso Clint Easwood a Quentin Tarantino. In occasione di questo trentesimo anniversario , l'annuncio dei figli che finalmente si farà il western "Colt" che il regista non fece in tempo a realizzare: i dettagli saranno rivelati all'ormai prossimo festival del cinema di Cannes.