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Epurati dalle orchestre, allontanati dalle cattedre, impossibilitati a pubblicare le proprie opere, quelle esistenti eliminate dai cataloghi e dalle biblioteche. È la sorte che dovettero subire i musicisti e compositori italiani perseguitati dalle leggi razziali, che colpirono tutti gli ambiti della cultura. Ed è la sorte che subì il compositore triestino Vito Levi, maestro di tutti i musicisti che si sono formati a Trieste nel dopoguerra, morto ultracentenario nel 2003. Levi nel 1938 con l'emanazione delle leggi razziali perdette dall'oggi al domani il posto di insegnante al conservatorio e quello di critico musicale del giornale per cui lavorava, e dopo l'8 settembre del '43 si salvò per un soffio dall'arresto e dalla deportazione in Germania riparando a Venezia, dove dovette vivere nascosto per quasi due anni. Suo il brano, composto nel 1942 in memoria del padre, che sarà eseguito in apertura del concerto "Oltre la Shoah" diretto da Davide Casali domenica 27 gennaio nel ridotto del Teatro Verdi. Poi, nel programma, il nome di un operista austriaco molto apprezzato nei primi del Novecento nei paesi di lingua tedesca, Franz Schrecker, ebreo per parte di padre, la cui musica fu bollata dal regime nazista come Musica degenerata e quindi proibita.

A chiudere il concerto una prima assoluta per l'Italia, la Prima Sinfonia (un'opera del 1901) del compositore olandese Jan van Gilse. Nato a Rotterdam nel 1881, fu un fiero oppositore del nazismo e dell'antisemitismo. Espulso dalla Germania dove era lungamente vissuto, perseguitato e costretto a nascondersi, ebbe due figli militanti nella Resistenza entrambi uccisi durante l'occupazione tedesca dei Paesi Bassi. Quando morì, di cancro, nel 1944, fu sepolto sotto falso nome.

Il compositore Vito Levi, foto: FVGNews