Foto: Reuters
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Con 43 voti a favore, 11 contro e numerosi astenuti, è passata ieri nel parlamento di Podgorica la mozione di sfiducia contro il governo del conservatore filoserbo, Zdravko Krivokapić. Insieme alle forze dell'opposizione, a sostenere la mozione è stato anche il movimento progressista URA, fino a ieri parte della maggioranza di governo.
Finisce così, dopo 14 mesi di difficile coabitazione, l'esperienza di un esecutivo di esperti, nato dopo la storica sconfitta del padre-padrone del Montenegro, l'attuale presidente, Milo Đukanović, subita alle elezioni dell'agosto 2020 per mano di una coalizione variegata fatta da filoserbi e progressisti europeisti.
Le tensioni interne alla nuova maggioranza, evidenti fin dall'inizio, hanno alla fine bloccato il Paese, portando alla definitiva spaccatura nelle ultime settimane. Per i settori progressisti, il governo di Krivokapić si è rivelato incompetente, troppo legato all'ingombrante vicino serbo e debole nel portare avanti il percorso di avvicinamento del Montenegro – Paese candidato dal 2010 - verso l'Unione europea.
Al momento le prospettive politiche nel Paese restano poco chiare: il leader di URA, Dritan Abazović, è fautore della creazione di un governo di minoranza, che escluda dall'esecutivo sia il Fronte democratico di Krivokapić che il Partito democratico dei socialisti di Đukanović, e consultazioni per esplorare questa possibilità sono già in corso.
Anche se l'operazione dovesse andare a buon fine, il nuovo governo avrebbe però un orizzonte limitato: per uscire dall'impasse, bisognerà chiamare di nuovo gli elettori alle urne, probabilmente nei prossimi mesi.

Francesco Martino