Fra i costi che la Russia deve sostenere per l'invasione dell'Ucraina c'è anche l'esodo di imprese e forza lavoro qualificate che decidono di trasferirsi altrove, sia per sfuggire alle sanzioni occidentali che per continuare a costruire un futuro grazie alle proprie competenze altamente specializzate. Tra i paesi che hanno aperto le porte all'ondata di russi in fuga dal loro paese la Serbia è emersa come una destinazione privilegiata per aziende tecnologiche e professionisti altamente qualificati.
Si stima che fino a un milione di russi abbiano lasciato la Russia dal 23 febbraio, molti dei quali portano con sé i propri affari. Il flusso è aumentato dopo che il governo russo ha iniziato ad arruolare uomini riservisti il mese scorso per ricostituire le sue truppe in Ucraina. E se nei primi giorni della guerra le destinazioni preferite erano Turchia, Dubai e Georgia, la scelta di molti si sta ora riversando in Serbia, un paese che sta cercando di entrare nell'Unione Europea e gode di scambi esenti da dazi. E così se Bruxelles taglia i legami economici con Mosca, Belgrado è diventata una testa di ponte per le aziende e i laureati russi, in particolare per i lavoratori del settore tecnologico. Una scelta che va oltre la retorica stantia della fratellanza slava, perché secondo alcune testimonianze raccolte dal quotidiano statunitense Wall Street Journal per i russi si tratta di una destinazione ideale in termini di lingua, tassazione, assistenza sanitaria e istruzione. Come già accaduto a inizio '900 dopo la Rivoluzione bolscevica, che portò diverse migliaia di russi in Serbia che contribuirono a una rinascita economica e culturale del paese.
Secondo i dati del governo di Belgrado, sono decine di migliaia gli ingegneri, programmatori, imprenditori, artisti e scienziati russi sono venuti in Serbia negli ultimi mesi. Quasi 700 aziende collegate alla Russia hanno aperto filiali che danno lavoro a migliaia di russi e circa 1.500 cittadini russi hanno creato nuove società da febbraio. Per il Cremlino si tratta di un costo che potrebbe gravare sulla Russia - e avvantaggiare i suoi vicini - per anni, anche decenni dopo la fine del conflitto.