Foto: BoBo/Žiga Živulović ml.
Foto: BoBo/Žiga Živulović ml.

Secondo i dati raccolti dalla fondazione Moressa la Slovenia con il 47,4% di permessi di soggiorno per lavoro ogni 10mila abitanti rilasciati a cittadini extraeuropei si pone ai primi posti della classifica, preceduta solo da Lituania, Cipro, Croazia e Malta.

Penultima, invece, tra tutti i paesi dell'Unione europea è l'Italia, che insieme alla Germania si piazza su una percentuale del 1,7%. Situazioni molto diverse dovute probabilmente al diverso tipo di immigrazione e alle leggi che regolano i flussi nei due paesi.

Se la Slovenia, dove vige una legislazione più snella, registra tradizionalmente un apporto non da poco al suo mercato del lavoro proveniente dalle altre repubbliche dell'ex Jugoslavia; in Italia, invece, i permessi sono pochi, sebbene la presenza di lavoratori stranieri sia in costante crescita.

La loro percentuale risulta inferiore a causa di quello che il Sole 24 Ore ha definito un "vero e proprio corto circuito", causato dall'"ipocrita distinzione tra migranti economici e richiedenti asilo". Questo farebbe sì che entrare legalmente nel paese per lavorare da paesi extra-europei risulti praticamente impossibile, spingendo così molti a scegliere inizialmente la clandestinità e lavori in nero, nella speranza di essere al più presto regolarizzati.

Per questo da più parti in Italia si sta iniziando a pensare a rivedere la legislazione relativa a questo ambito, anche perchè ci si rende conto che si tratta di lavoratori fondamentali in molti settori economici del paese.

Barbara Costamagna