Centinaia di persone si sono riunite venerdì scorso nella cattedrale di San Sava, a Belgrado, per l'intronamento del nuovo patriarca serbo, Porfirije, eletto il giorno prima dal sinodo della Chiesa ortodossa serba.
Attorniato dai vescovi che l'hanno eletto, Porfirije, 59 anni, già metropolita di Zagabria e Lubiana, ha ricevuto pastorale e mitra, simboli della sua nuova autorità, diventando così il 46esimo patriarca della Chiesa serba, che conta circa 12 milioni di fedeli, non solo in Serbia, ma anche negli stati dell'ex Federazione jugoslava, in Australia e in Europa occidentale.
Eletto relativamente giovane, Porfirje dovrà portare la Chiesa serba, nota durante i conflitti degli anni '90 per le posizioni nazionaliste e conservatrici, ad affrontare le sfide della modernità in un mondo in veloce cambiamento.
Negli anni scorsi in varie occasioni, il nuovo patriarca ha esternato la propria vicinanza al presidente serbo Aleksandar Vučić, anche se è difficile dire se e quanto Vučić abbia voluto o potuto influire sulle scelte del sinodo.
Durante il suo mandato in Slovenia e Croazia, Porfirije si è fatto notare per l'apertura all'ecumenismo e al dialogo interreligioso. "In questi anni di servizio, la Croazia è diventata la mia seconda Patria. Lo stesso può essere detto della Slovenia", ha dichiarato Porfirije durante la cerimonia di intronazione.
Più complessa la questione del Kosovo, tradizionalmente considerato dalla Chiesa serba come la culla della religiosità e spiritualità serba. "Il Kosovo", secondo il nuovo patriarca "è resta un cordone ombelicale tra noi Serbi e l'essenza della nostra identità".


Francesco Martino

Foto: EPA
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