L'approvazione del nuovo Regolamento sulle Indicazioni geografiche per prodotti agroalimentari da parte del Parlamento europeo, votato a larghissima maggioranza, quasi il 90 per cento dei parlamentari, è stata paradossalmente salutata sia da Roma sia da Zagabria come un passo in avanti nella vicenda del Prošek, ma non si sposta poi di molto i termini della vicenda che oppone i due governi da anni.
La riforma prevede il blocco alla registrazione di menzioni tradizionali identiche o che richiamino nomi di Dop e Igp, come nel caso del Prošek, il vino croato assolutamente diverso dal Prosecco italiano, ma con un nome che potrebbe ingenerare confusione.
Questo aspetto ha fatto cantare vittoria all’Italia: “Abbiamo eliminato una volta per tutte – ha detto l’Eurodeputato socialdemocratico Paolo De Castro, relatore del provvedimento - quelle falle del sistema che consentono di sfruttare indebitamente la reputazione delle nostre Indicazioni geografiche, come nel caso dell'aceto balsamico sloveno e cipriota, o del Prošek made in Croazia. Eventuali registrazioni di menzioni tradizionali, come quella del Prošek, non potranno più essere prese in considerazione, in quanto identiche o evocative di nomi di Dop o Igp».
Un passo in avanti quindi per Roma, ma sembra non risolutivo, perché l’ultima parola spetta alla Commissione europea e soprattutto alla fase di applicazione del regolamento da parte dei governi nazionali, e Zagabria non ha affatto rinunciato alla battaglia, anche perché la normativa potrebbe non essere retroattiva e non incidere quindi sulla vicenda già in corso.
“Abbiamo protetto gli interessi croati – si legge in una nota del ministero dell’agricoltura croato - e ora siamo più vicini alla meritata protezione della nostra tradizionale espressione di Prošek a livello comunitario”. Il regolamento adottato dal Parlamento europeo sarebbe per Zagabria più favorevole per la Croazia rispetto alle disposizioni precedenti, e può influire positivamente “sulla tutela del nome tradizionale Prošek a livello europeo”.
Da Zagabria sottolineano anche come all’interno della Commissione sia stata espressa “comprensione per le argomentazioni croate secondo cui si tratta di un nome tradizionale per un vino completamente diverso dal Prosecco italiano e che, dato il fatto che è presente in diverse categorie di vini sulle carte dei vini e sugli scaffali delle enoteche, non può indurre in confusione i consumatori”.

Alessandro Martegani