Foto: EPA
Foto: EPA

L’aggiornamento della raccomandazione dell’EMA, che aveva ammesso una relazione fra il vaccino AstraZeneca e alcuni casi di trombosi, sia pur rari e isolati, non è servito per trovare una posizione comune fra gli stati dell’Unione europea sull’uso del vaccino anglo svedese.
Subito dopo la conferenza stampa dell’Ema, in cui la direttrice Emer Cooke aveva sottolineato come il vaccino rimanga “uno strumento fondamentale per la lotta alla pandemia e i possibili rischi sono assolutamente trascurabili rispetto ai benefici”, i ministri della salute si sono riuniti in videoconferenza per valutare la situazione.
Alcuni paesi come Germania, Francia, Finlandia, Danimarca e Olanda, avevano già sospeso o limitato le somministrazioni, e, nonostante l’auspicio espresso dalla commissaria europea per la salute Stella Kyriakides, che aveva auspicato una posizione comune "per non alimentare la sfiducia” sulle vaccinazioni, l’accordo non c’è stato.
Il confronto fra i governi dell’Unione Europea e l’EMA però proseguirà, dicono fonti di Bruxelles, e la commissaria Kyriakides ha chiesto ai ministri di lavorare per sviluppare un approccio coordinato europeo basato su ulteriori studi. Anche la presidenza portoghese aveva auspicato una posizione comune per evitare la sfiducia dei cittadini.
Per ora però i governi nazionali continuano ad andare in ordine sparso: lo ha fatto anche l’Italia che, a riunione ancora corso, ha annunciato che sarà diffusa una raccomandazione per l'uso preferenziale di Astrazeneca nei soggetti fra i 60 e i 79 anni di età. Un passo confermato anche nel corso della riunione con i governatori delle regioni, e che complica ancor di più la campagna vaccinale nella penisola, con incognite sul prossimo mese, in cui si sarebbe dovuto arrivare a 500 mila somministrazioni al giorno, e in generale sui richiami per chi è già stato vaccinato con AstraZeneca.
Tutto questo a fronte di una posizione dell’Ema che sostanzialmente non è cambiata rispetto ad alcune settimane fa: i vertici dell’Agenzia hanno ribadito più volte che i casi di trombosi cerebrale sono molto rari, e che il rischio di mortalità a causa del Covid è molto maggiore rispetto a quello delle complicazioni che potrebbero manifestarsi a seguito della vaccinazione.
Pur ammettendo una correlazione fra la vaccinazione e i casi di trombosi (62, di cui 18 mortali su più di nove milioni di vaccini, riscontrati maggiormente fra la popolazione sotto i 60 anni, in particolare fra le donne, tutti dopo la prima a dose), Sabine Straus, presidente del comitato di controllo sul rischio dei farmaci ha detto che “sulla base dei dati attuali, non è stato possibile identificare fattori di rischio specifici, e non si raccomanda alcuna misura specifica per ridurre il rischio”.

Alessandro Martegani