Il capogruppo del Partito popolare europeo all'europarlamento, Manfred Weber, ha posto tre condizioni al premier ungherese, Viktor Orban, affinché il suo partito, Fidesz, possa rimanere a far parte dell'EPP: deve immediatamente e definitivamente interrompere la campagna anti-Ue, avviata nelle scorse settimane, scusarsi con i colleghi del partito e lasciar restare a Budapest l’Università dell'Europa centrale del miliardario americano di origine ungherese, Georg Soros, bersaglio di una feroce campagna del primo ministro. Questo è "l'ultimo tentativo" per "trattenere Orban e Fidesz nell'EPP", ha detto Weber.
"Orban deve muoversi e mostrare il suo apprezzamento per i valori" democristiani che "non sono trattabili", ha affermato ancora il candidato alla Commissione Ue del partito popolare. "Entro questo mese" dovrà essere fatta chiarezza, ha aggiunto.
Weber è stato chiaro: la divisione tra il Partito popolare europeo ed il Fidesz dipende solo dall'atteggiamento di Orban, che ha accusato il miliardario George Soros ed il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, di sostenere migrazioni illegali. Una campagna fortemente condannata anche dalla stessa Commissione Ue. "Orban ha oltrepassato il limite", ha affermato il presidente del gruppo dei popolari, Joseph Daul.
Secondo gli ultimi dati, sono in tutto 13 i partiti, provenienti da 10 paesi, che hanno formalmente chiesto l'espulsione del Fidesz dal Partito popolare. L'assemblea dell'EPP discuterà a riguardo durante l'incontro previsto per il 20 marzo. Due le possibilità sul tavolo: l'espulsione o il congelamento dell'associazione del Fidesz dall'EPP. La decisione dovrà essere presa con una maggioranza assoluta.
Il partito di Orban ha intanto reso noto di non voler lasciare l'EPP. "Siamo pronti a presentare i nostri punti di vista" riguardo la questione delle migrazioni, recita un messaggio del Fidesz. Secondo il partito la difesa dei valori cristiani europei e la prevenzione delle migrazioni sono più importanti della disciplina all'interno del Partito popolare.

E. P.

Foto: Reuters
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