Foto: Reuters
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"È necessario usare tutti i mezzi a disposizione, al contempo però esaminare ulteriori strumenti per rafforzare la reattività dell'Unione europea nei casi di mancata cooperazione di paesi terzi nella riammissione dei migranti" la cui domanda d'asilo non è stata accolta da uno dei paesi membri dell'Unione europea. Lo ha affermato la capo dicastero per le Migrazioni svedese, Maria Malmer Stenergard. Lo strumento chiave per migliorare la cooperazione, secondo i ministri deli Interni Ue, riuniti ieri a Stoccolma, è l'articolo 25A del Codice dei visti che consente l'introduzione di determinate limitazioni nella politica dei visti in relazione a un paese che non collabora in misura soddisfacente. Finora, questo tipo di misura è stata adottata solo per il Gambia. I ministri hanno quindi chiesto alla Commissione di continuare a collaborare con i paesi terzi. Nel caso gli sforzi politici e diplomatici intensificati non portassero i risultati sperati, tuttavia, si potrebbe proporre limitazioni alla politica dei visti.
Anche il commissario Ue per gli Affari interni, Ylva Johansson, ha invitato a utilizzare più spesso l'articolo 25A del Codice dei visti.
Tra coloro, che si sono impegnati per un uso meno complesso e più rapido del suddetto articolo, anche il ministro sloveno per la Pubblica amministrazione, Sanja Ajanović Hovnik, attualmente anche facente funzione di ministro degli Interni. "Senza dei rimpatri effettivi, non riusciremo a gettare le basi per una politica migratoria efficace e non potremo avere una discussione seria e sincera sulla solidarietà", ha affermato Ajanović Hovnik. Secondo le sue parole "inoltre, il basso tasso di rimpatrio apre una zona grigia per l'aumento dei movimenti secondari e l'operazione dei trafficanti di esseri umani".
Dopo l'incontro, il commissario Johansson ha anche risposto alle richieste di finanziamento di barriere fisiche sui confini esterni dell'Ue, come chiesto questa settimana dall'Austria. "Abbiamo un bilancio stabilito dal Consiglio Ue e dall'Europarlamento. Ciò significa che abbiamo risorse molto limitate. Finanziare progetti nuovi significa quindi fermare il finanziamento di quelli a cui i fondi sono stati destinati", ha precisato Johansson.


E. P.