Foto: Martegani
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Il futuro della difesa in Europa, la politica comune verso la crisi in Ucraina, valutazioni sull’invio di armi a Kiev e sullo stesso ruolo della NATO: il dibattito organizzato da Dialoghi Europei alla Sala Tessitori di Trieste ha rivelato un confronto forse più acceso e critico rispetto alle attese degli stessi organizzatori.
Ospiti, per parlare di “Sicurezza e difesa europee alla prova della crisi russo-ucraina - riflessi nazionali e globali”, l’ex Capo di Stato maggiore della difesa in Italia, il generale Vincenzo Camporini, attuale consigliere scientifico dello IAI (Istituto Affari Internazionali), il segretario generale dell’Ince, Roberto Antonione, e il presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin.
Partito con una relazione del generale Camporini, da anni impegnato nella costruzione di un progetto di difesa europea, il dibattito ha spaziato naturalmente sulla situazione in Ucraina, ma anche sul futuro e sulla funzione della NATO, così come sulla differenza di interessi geopolitici fra Europa e Stati Uniti. Tutti d’accordo sul fatto che il mondo è cambiato, e che in Ucraina è in corso un’aggressione, ma le opinioni hanno cominciato a divergere riguardo temi come l’invio di armi in Ucraina, l’atteggiamento verso Russia e Stati Uniti, e la stessa natura della NATO.

Vincenzo Camporini (Foto:  Martegani)
Vincenzo Camporini (Foto: Martegani)

Il generale Vincenzo Camporini punta con decisione su una difesa comune europea, un progetto, ha spiegato, “a cui lavoro dal 1999 e che mi ha appassionato: bisogna riconoscere però - ha aggiunto - che non si può parlare di difesa europea senza parlare di una politica estera europea, perché le forze armate sono uno strumento della politica estera​”. I mezzi militari in realtà già ci sarebbero, le forze italiane hanno ad esempio operato per anni su vari teatri insieme a quelle francesi e spagnole, “non c'è alcun problema a far lavorare insieme queste forze, e un esercito europeo avrebbe anche un vantaggio dal punto di vista dei costi, perché catene logistiche separate rendono scarsamente efficaci le spese per la difesa dei vari paesi europei, che sarebbero molto più redditizie se invece ci fosse un’uniformità di equipaggiamenti e di gestione”, ma manca un intento comune.
Riguardo la guerra in Ucraina, ha poi spiegato, “siamo di fronte a uno scenario che nessuno, nemmeno io, si sarebbe immaginato fino al giorno dell’attacco: Putin è un uomo solo al comando, che ha agito da solo e la guerra sta avendo un esito diverso da quello che lui si attendeva, ma oltre ad assistere il popolo ucraino, dobbiamo reagire, costruire una politica estera comune europea e poi forze armate comuni”. Le differenze sono ancora molto profonde fra gli stati membri, ma si potrebbero trovare posizioni comi fra gruppi di stati comune su base regionale. “Non c’è però molto tempo – ha aggiunto - : il mondo è cambiato, e se perfino in Svizzera si pensa di aderire alla NATO, è evidente che ora è necessario schierarsi per creare una deterrenza tale da evitare il ripetersi di situazioni come l’Ucraina”. “Noi europei – ha concluso - non possiamo continuare a fare la parte dei comprimari: avremo voce in capitolo e saremo padroni del nostro destino solo se parleremo con una voce unita”.
Proprio sulla posizione e sul ruolo dell’Europa sullo scenario mondiale si è concentrato Roberto Antonione, che ha ricordato la sua esperienza di governo come sottosegretario agli esteri nei giorni drammatici dell’attacco americano all’Iraq. È evidente, ha detto, che l’Europa si è mossa male su vari scenari, nei Balcani, durante la primavera Araba, nei rapporti con la Turchia, “e dobbiamo ammettere - ha aggiunto - che non sempre gli interessi degli Stati Uniti coincidono con i nostri”. “In Ucraina la situazione è chiara, c’è un aggressore e un aggredito, e, visto quello che è successo, siamo fortunati ad avere l’ombrello della Nato, ma per il futuro l’Europa dovrà guadagnarsi un ruolo più autorevole e indipendente nell’Alleanza Atlantica, sia su altri scenari se non vuole subire le decisioni prese a Washington e a Pechino”. Per ora però, ha concluso, "proprio perché non siamo giganti, noi europei dobbiamo fare una scelta di campo, e non vedo oggi la possibilità di mettere in discussione la Nato e il suo ombrello protettivo".

Foto: Martegani
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Ancor più distanti le posizioni di Piero Mauro Zanin, che da “cattolico, ancor prima che di politico” si è dichiarato apertamente contrario all’invio di armi in Ucraina e all’aumento della spesa per la difesa: “È palese – ha spiegato – che inviare armi non fa che aumentare il numero delle vittime e il valore della vita va tutelato sopra ogni altra cosa”. Le riserve di Zanin però riguardano anche l’Alleanza Atlantica, nata per fronteggiare il patto di Varsavia: “Mi chiedo – ha detto - se abbia ancora senso avere una NATO così concepita, con le basi in Italia e le testate nucleari ad Aviano”. Pur chiarendo che in Ucraina ci sono “un aggressore e un aggredito”, Zanin ha ricordato l’attacco degli Usa all’Iraq: “Anche in quel caso uno stato ha attaccato un altro stato sovrano, ma allora nessuno disse nulla e mi chiedo perché in Italia la politica e i giornali non sollevino questa obiezione”.

"Noi europei - ha aggiunto - siamo a 1500 chilometri dalla guerra mentre gli Usa a 10mila. L'interesse dell'Europa, in altre parole, è quello di fermare questa guerra, di far fare un passo indietro a Russia e Ucraina tornando ai trattati di Minsk e concedendo la facoltà di autodeterminazione alle regioni contese".

Alessandro Martegani