Foto: Rok Omahen
Foto: Rok Omahen

Un pugno allo stomaco al mondo della boxe, quello che ha dato il pugile triestino Michele Broili, con i suoi tatuaggi inneggianti al nazismo.

L'atleta è salito alla ribalta nelle ultime ore per le sue idee politiche più che per le prestazioni sul ring, dopo le polemiche innescate dai messaggi nazisti presenti su suo corpo: la bandiera delle SS, il teschio che usavano gli squadristi tedeschi, l’88 che sta a significare “Heil Hitler” ed altri disegni di stampo neofascista e neonazista. Troppo, tanto che la stessa Federazione pugilistica italiana ha condannato e stigmatizzato con forza il comportamento del pugile triestino, dissociandosi dai messaggi da lui veicolati.

Circa un anno fa vi era già stato un precedente, nel marzo 2020 infatti Broili finì al centro della polemica perché una locandina con cui si annunciavano degli incontri di boxe a Trieste che riportava anche una sua foto, era stata patrocinata anche dal Comune di Trieste, scatenando proteste, tanto che l'Ardita, il club con cui è tesserato il pugile, che organizzava l'evento, corse ai ripari ritirando le locandine.

A prendere le difese di Broili è il suo allenatore, Denis Conte, che ha dichiarato che i simboli nazisti sul suo corpo sono stati fatti in gioventù e che il ragazzo è un esempio di correttezza sul ring ed un esempio anche per i 40 giovani atleti del club. Conte è peraltro l'ex segretario regionale di Forza Nuova ed ora candidato al Consiglio comunale di Trieste in quota Fratelli d'Italia, partito che sostiene la candidatura dell'attuale sindaco, Roberto Dipiazza.

Parole criticate dalla segretaria provinciale del Partito democratico, Laura Famulari, che ha anche evidenziato il silenzio di Dipiazza e del governatore del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.

Davide Fifaco