Un piano preciso per trasformare la vicenda delle Foibe in uno scontro fra popoli, da utilizzare a fini politici. È questa la posizione di Alessandra Kersevan, storica e responsabile della Casa editrice Kappa Vu, fra gli studiosi indicati dalla maggioranza di centro destra in Friuli Venezia Giulia come responsabili di “riduzionismo”.
Anche nel recente incontro a Trieste del gruppo di storici al centro della bufera nelle ultime settimane, organizzato dall'Associazione "Tina Modotti", Alessandra Kersevan ha ribadito le sue posizioni, rigettando le accuse di negazionismo e sottolineando invece la necessità di analizzare quei fatti partendo dai documenti e non dalle strumentalizzazioni.
Il suo è uno dei nomi accusati dal centro destra di riduzionismo sulle Foibe. Lei come risponde?
“Io non mi sarei mai sognata di usare nei confronti di nessuno un termine di questo genere, perché penso che nell'ambito della storia si debba giudicare quello che uno scrive. Bisogna scrivere usando le fonti, contestualizzando, usando un metodo storiografico, e non credo che quello che sta succedendo in Italia oggi favorisca molto l'approfondimento storico. Favorisce invece l'oltraggio, favorisce l'appellativo pesante nei confronti delle persone. È un processo agevolato anche dall'uso che viene fatto oggi dai social, ma succedeva anche prima che ci fossero Facebook o Twitter: è un metodo usato negli ultimi decenni proprio per impedire che gli italiani conoscano la loro storia.”
“Anche senza guardare a quello che succede adesso nei nostri confronti, nei confronti di Resistenza storica, nella storia italiana di questi ultimi decenni ci sono stati moltissimi episodi di vera e propria censura, addirittura di documenti istituzionali o d’importanti film. Basta pensare al documentario della BBC ‘Fascist Legacy’, che non è mai stato trasmesso dalla Rai, nonostante lo Rai lo avesse acquistato e doppiato. Pensiamo anche al documento della Commissione storica italo-slovena. Si può essere d'accordo o meno con quello che c'è scritto, ma avrebbe rappresentato perlomeno un punto di partenza, e soprattutto avrebbe creato un clima di discussione, più che di offesa come sta avvenendo adesso.”
Ma lo scopo di questa operazione di occultamento che denunciate quale sarebbe?
“Evidentemente si vuole evitare che gli italiani sappiano la loro storia, che ripensino alla loro storia, si preferisce questa narrazione vittimistica degli italiani uccisi solo perché italiani, senza domandarsi come sia possibile che un esercito, che a quel tempo era comunque uno degli eserciti più importanti d'Europa, abbia aggredito un paese, l’allora regno di Jugoslavia, senza neppure dichiarare guerra, abbia annesso interi territori provocando la morte, veramente in questo caso, di decine e decine di migliaia di persone, e come tutto questo possa essere negato nella sua importanza rispetto a quello che è successo su questo confine. È una battaglia lunga e difficile: credo che queste leggi e queste mozioni, accanto ad altre azioni che vengono fatte, anche a livelli molto alti nello Stato italiano, per impedirci di parlare, partano dalla consapevolezza che la verità è talmente evidente, emerge talmente bene dalla documentazione, che non avrebbero più alcuna possibilità continuare con le loro menzogne. Il fatto che ci neghino la parola, che ci costringano nelle catacombe, è la prova evidente che hanno paura di noi, anche se siamo in pochi.”
Quindi la contrapposizione non riguarda solo gli ultimi mesi, mi sta dicendo che è una strategia che parte da lontano?
“Assolutamente: le forme attuali sono quelle più gridate, più becere, ma l'ostruzionismo nei confronti della verità storica su questo confine orientale in Italia c'è sempre stato. È cominciato nel ‘44 ancora al tempo del governo Bonomi nell'Italia liberata, quando un burocrate del ministero degli Affari Esteri, Zoppi, decise di creare un dossier sulle malefatte dei partigiani jugoslavi nei confronti degli italiani, un dossier pieno di menzogne, che nelle sue intenzioni doveva essere usato per contrastare la consegna dei criminali di guerra italiani alla Jugoslavia. Questo materiale, chiamato il “trattamento degli italiani da parte degli jugoslavi”, è stato utilizzato per decenni sottotraccia in pubblicazioni dichiaratamente di destra, e poi stato riesumato negli anni ‘90 al tempo del cosiddetto processo delle Foibe, che si svolse a Roma, e che finì con la prima sconfitta da parte di coloro che avevano messo in piedi questa operazione, perché il processo fu un nulla di fatto. Già quella volta avevano riesumato questi materiali, prodotti per motivazioni assolutamente politiche, ma riscoperti come se fossero improvvisamente una verità rivelata. Sono documenti prodotti sia dai servizi segreti italiani, sia, precedentemente, dai servizi segreti della Decima MAS e del nazismo, che vengono ancora oggi usati per questa enorme propaganda che si sta facendo sulla questione delle Foibe”.
Ma qual è la sua posizione sulle Foibe?
“Nessuno nega che le Foibe ci siano state, ci sono persone che sono state uccise, ma la storia va inserita nella grande vicenda, tragicissima, della Seconda guerra mondiale e dei rapporti su questo confine. Così diventerebbe una delle tante tragedie che si sono verificate: una tragedia da indagare, da spiegare, da capire nella sua valenza, ma che invece è diventata un grimaldello per permettere ai neofascisti di riciclarsi nella Repubblica, una repubblica, vorrei ricordarlo, nata dalla Resistenza”.

Alessandro Martegani

https://capodistria.rtvslo.si/archivio/i-fatti-del-giorno/174608093

Foto: Wikipedia
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