Alessandro Maran
Alessandro Maran

Quella per la presidenza della regione è ufficialmente una corsa a tre: Alessandro Maran, nato a Grado ma residente a Gorizia, ex deputato di DS e Ulivo, poi senatore di Scelta Civica, ha infatti ufficializzato al candidature alla guida del Friuli Venezia Giulia con il sostegno di Azione e Italia Viva. Lontano dalla politica attiva da un po’ di tempo, ha accettato la sfida di contribuire a costruire il terzo polo con cui, dice, punta ad alimentare il percorso verso la costruzione di un’alternativa liberal-democratica agli schieramenti tradizionali.
“Mi ha spinto ad accettare la candidatura – spiega – la volontà di dare un'alternativa alla nostra regione e all'Italia in un processo più largo, perché il paese, e la nostra regione, hanno bisogno di uno spazio alternativo ai due populismi, c'è bisogno di qualcosa di nuovo e bisogna approfittare degli appuntamenti elettorali per strutturare questa alternativa. È difficile, ovviamente è sempre stato difficile, però se la vuoi facile è meglio stare a casa.
“L'idea invece è quella di mantenere aperta la prospettiva, anche perché c'è una novità: il processo avviato da Italia viva e Azione che hanno scelto i vertici della federazione che dovrebbe fondare il nuovo partito liberal-democratico, un partito ancora senza nome (i nomi del Novecento dovremmo un po' abbandonarli, ma un po' alla volta. È un partito che dovrebbe appartenere la famiglia politica di New Europe, quella di Macron. Qualche giorno fa, a Milano, è stato addirittura illustrato il cronoprogramma per arrivare alla fondazione del partito unitario, la casa politica di tutti i liberal democratici nostrani: si tratta di una novità di sistema, se le cose vanno nel verso giusto. Il paese avrà un assetto politico fondato su tre forze, e non sul vecchio sistema bipolare; se funzionerà anche la sinistra e la destra saranno costrette a ripensare se stesse, in un certo senso ha rigenerarsi".

Se le cose vanno nel verso giusto il paese avrà un assetto politico fondato su tre forze, e non sul vecchio sistema bipolare; se funzionerà anche la sinistra e la destra saranno costrette a ripensare se stesse

Alessandro Maran

"È un passo necessario per una ripresa del riformismo italiano, perché così com’è combinato il centrosinistra non va da nessuna parte. Il centro sinistra vince con Blair, non con Corbin, vince con Biden, con una politica centrista, non vince con la parte radicale dei liberal americani, e per riportare i riformisti al governo alle prossime elezioni politiche bisogna fare qualcosa di nuovo, probabilmente mandare all'aria un sistema che così com’è combinato non piace a nessuno. Non a caso l’appeal di Fedriga si fonda in buona parte sul fatto che si presenta non come la destra, ma in maniera diversa dalla destra, non come un ortodosso Salvini, ma in qualche misura lontano da Salvini, e questo qualcosa vorrà dire”.
Proprio il governatore Fedriga, pur essendo un esponente di primo piano della Lega, ha preso ormai le distanze dai cavalli di battaglia tradizionali del partito di Salvini, dall'altra parte il Pd e il centro-sinistra hanno scelto un candidato, Moretuzzo, che ha una storia totalmente diversa dai partiti della coalizione: questo secondo lei è un sintomo della difficoltà delle forze politiche tradizionali nel proporsi agli elettori, oppure semplicemente la ricerca di un candidato adatto al territorio?
“Beh, per il Pd c’è qualcosa di più, perché è evidente che è la fine del partito a vocazione maggioritaria che doveva garantire la leadership e la la sostanza programmatica del progetto, che infatti cede a un candidato rispettabilissimo, ma che viene dalla tradizione dell’autonomismo friulano. Tutto questo ha molto a che fare con l'involuzione di un partito che è ormai preso da una deriva identitaria, tanto che stanno discutendo il cambiamento del Manifesto dei valori, quello veltroniano, che aveva fondato, quello del 2008 che era fondamento del Pd, tanto che si parla di un altro Pd che hai connotati di uan deriva identitaria, di un ritorno al passato, ma qui c'è un problema grande come una casa, perché nello stesso momento sia Giorgia Meloni a livello nazionale, che non si pone come alternativa alla stagione di Draghi, sia Fedriga, offrono un modello di destra molto diverso da quello prefigurato dal Pd. La mia versione dei fatti è che lo sfondamento della destra è causato dal cedimento del progetto originario del Pd e non dal destino cinico e baro, proprio per questo l'idea, la nostra idea, è quella di mantenere aperta una prospettiva che vada nel senso della conquista del centro della società e di quella parte di elettori che è disponibile guardare a una scommessa che guardi al futuro. Lo abbiamo visto con i risultati elettorali che avevano dato consistenza al centro-sinistra quando io ero segretario dei DS, molto tempo fa: i progetti di conquista dei comuni a partire da quello di Pordenone, di Udine, e ovviamente di Trieste e di Gorizia stessa, per arrivare alla conquista della Regione con Illy, si fondavano su un progetto di allargamento. L'elettorato si può conquistare e quindi si può rappresentare il tutto e non soltanto la parte tradizionale".
I critici del Terzo polo, e in particolare di Calenda, affermano però che più che a un processo di allargamento, Azione e Italia viva puntano a raccogliere un po' i cocci e gli scontenti degli altri partiti…

Il progetto del Terzo polo dovrebbe essere quello di diventare la prima forza politica della terza Repubblica, con un processo a medio termine, cioè qualcosa che guardi al prossimo decennio, alle prossime generazioni

Alessandro Maran

“Di scontenti l’Italia è piena: metà degli italiani non vanno a votare. Per farli tornare a votare bisogna aprire a qualcosa di diverso dalla situazione attuale. Una battuta attribuita a Einstein dice che pensare di fare sempre le stesse cose e di avere risultati diversi è l'indice della follia: noi non possiamo pensare di conquistare gli italiani proponendo usurate formule del secolo passato, qualcosa di nuovo bisogna farlo, anche qui, nella nostra regione, nel nostro piccolo. Più in là il progetto del Terzo polo dovrebbe essere quello di diventare la prima forza politica della terza Repubblica, con un processo a medio termine, cioè qualcosa che guardi al prossimo decennio, alle prossime generazioni. In friulano si dice “anin varin fortune”: l’idea è quella di guardare in là. La situazione non soddisfa nessuno? Vabbè allora proviamo a rompere una cosa che tutti vogliono rotta”.
Se dovesse individuare uno o due punti per il Friuli Venezia Giulia che secondo lei sono particolarmente critici, di amministrazione concreta, quali sarebbero?
“C'è l’ovvia necessità di mettere in mano alla sanità, però io dico in maniera bipartisan. Non possiamo affrontare un problema e le criticità di un sistema così complesso, pensando che chi arriva minaccia una rivoluzione, ribalta il progetto precedente, strumentalizza la questione rincorrendo i campanilismi, e poi quando si cambia mano, si ricomincia da capo. Ci sono le infrastrutture, l'elenco è ovviamente lungo. Faccio poi un esempio molto semplice: io ho due figli, che vivono e lavorano in Nord Europa, Olanda e Germania, è normale che in un mercato di mezzo miliardo di persone ci si sposti, come si fa in America ma la vera domanda non è perché i nostri ragazzi vanno via (sono tantissimi, io sono stato ad Amsterdam dove c'è una colonia di friulani e di giuliani), la vera domanda è come mai nessuno viene qua noi? Dobbiamo immaginare una regione e un paese che siano attrattivi e che siano in grado di attirare investimenti e professionalità. Per questo dobbiamo scommettere sull’attrattività del sistema, e se si squaderna questo problema risultano evidenti davanti ai nostri occhi tutte le ragioni che rendono difficile ad un tedesco o uno spagnolo venire da noi”.

Alessandro Martegani