Foto: Radio Capodistria/Fifaco
Foto: Radio Capodistria/Fifaco

Cominciano ad accusare la stanchezza di sei giorni consecutivi di proteste i manifestanti contro il Green Pass di Trieste. Piazza Unità, con un migliaio di presenze, sembrava vuota se confrontata alla marea umana degli scorsi giorni, in particolare di lunedì quando dopo lo sgombero dei varchi del Porto un corteo di migliaia di persone si è riversato di fronte alla prefettura. Manca probabilmente anche una vera e propria organizzazione sul campo, dopo la spaccatura tra l'uomo simbolo della protesta, Stefano Puzzer, ed il Coordinamento dei Lavoratori Portuali, che hanno abbandonato la gestione delle mobilitazioni.
Situazione di cui ne risente la folla in piazza, che si sta comunque organizzando in libertà, con iniziative e gruppi che a momenti sembrano poco aver a che fare con la dura protesta iniziale. Ne abbiamo avuti vari esempi, in particolare ieri, tra canzoni contro il Green Pass, sessioni di yoga e consulenze di santoni-curatori, ma anche la continua esposizione di icone di Santi, Madonne e rosari. Particolare curiosità ha destato uno striscione che diceva: "I semi stellari sono qui", non si è capito se ironico e serio. Da una ricerca online risulterebbe che si riferisca ad “esseri evoluti provenienti da un altro pianeta, un altro sistema solare o galassia, la cui specifica missione è assistere il Pianeta Terra e la sua popolazione durante l'ingresso nella Nuova Era". Probabilmente si tratta di uno scherzo, l'ennesima trappola, forse, per gettare discredito su noi giornalisti che secondo le accuse che subiamo ormai quotidianamente, non vediamo l'ora di scrivere qualcosa per gettare fango su questo movimento, mentre in realtà la maggior parte di noi non ha fatto altro che raccontare ciò che ha visto, qualcuno anche criticando le forze dell'ordine perché ha ritenuto eccessivo l'uso della forza. Ad ogni modo sembra essersi un po' perso, nella protesta, l'iniziale spirito "rivoluzionario" in favore di una copia sbiadita, molto sbiadita, dell'estate del '68.

Davide Fifaco