Foto: ACON
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Forse le riforme ci saranno, ma sicuramente non saranno condivise. È una situazione che si ripropone sia in Friuli Venezia Giulia, sia in Italia, quella del percorso delle riforme istituzionali.
La legge di riforma dello Statuto del Friuli Venezia Giulia, che prevede fra l’altro il ritorno delle province, abrogate da una riforma nel 2016, ha superato l’esame della commissione parlamentare Affari Costituzionali, ma in vista del doppio passaggio a Camera e Senato, (per modificare lo statuto del Friuli Venezia Giulia è necessaria la procedura di riforma costituzionale) lo scontro sul provvedimento, votato a maggioranza dal centro destra, rimane vivo.
Per il centro destra si tratta di un ritorno necessario, per ridare efficienza e rappresentatività al sistema amministrativo della regione, ma per il centro sinistra è invece una posizione ideologica, che complica la macchina amministrativa senza alcun vantaggio per i cittadini, un progetto fra l’altro non condiviso e portato avanti a colpi di maggioranza.
“I partiti di maggioranza – spiega Massimo Moretuzzo, capogruppo del Patto per l’Autonomia-Civica FVG - hanno deciso di modificare lo Statuto del Friuli Venezia Giulia senza consultare il Consiglio regionale: ancora una volta – ha aggiunto –, il Consiglio regionale è stato umiliato dal centrodestra, visto che ci è stata negata persino la possibilità di esprimere un semplice parere su questa scelta”, negando anche “il referendum consultivo sulle modifiche delle norme elettorali, uno dei contrappesi necessari per bilanciare lo squilibrio che, in seguito all’elezione diretta del Presidente della Regione, si verifica fra potere esecutivo e quello legislativo”.
Il riferimento, oltre alla decisione di non prevedere referendum consultivo sulle leggi elettorali in regione, è alla proposta di abbassare al 40 per cento la soglia per far scattare l’elezione diretta di un candidato sindaco senza necessità di ballottaggio, ma proprio questo passaggio ha diviso la stessa maggioranza a livello nazionale.
Al Senato infatti si è consumato un nuovo strappo fra la Lega e gli alleati sul terzo mandato per i governatori, così come sull’elezione diretta al 40 per cento. Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno bocciato la richiesta della Lega sull'eliminazione del ballottaggio per i sindaci, un provvedimento definito dalla segretaria del Pd Elly Schlein “un blitz a tre mesi dal voto, uno sfregio alle più basilari regole democratiche”.
La Lega però non sembra per nulla scoraggiata ed è decisa a continuare la partita sul terzo mandato dei governatori, così come quella sull’autonomia, e potrebbe mettere sul tavolo queste questioni quando la maggioranza dovrà affrontare altri punto delicati in tema di riforme, come il premierato o la modifica del sistema della giustizia.

Alessandro Martegani