Foto: Radio Capodistria/Facebook
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Qualche settimana fa avevamo parlato del caso di un cittadino italiano, appartenente alla Comunità slovena di Trieste al quale, al momento del rinnovo della patente, per aver richiesto la corretta grafia del proprio nome, con i segni diacritici sloveni, erano stati chiesti circa 50€ in più di un normale rinnovo. Alla fine, la situazione si è risolta, senza alcun sovrapprezzo.

Ecco cosa ci ha raccontato con il protagonista di questa vicenda, Štefan Čok:

Devo dire che il problema stesso ha colto di sorpresa anche me, perché non me lo aspettavo. Dovevo essenzialmente procedere a un normale rinnovo della patente e davo per scontato che in tale occasione, anche sulla patente, sarebbe stata riportata correttamente la grafia del mio nome. Devo dire che non è stato un problema specifico dell’ACI, che è solo uno dei soggetti presso i quali il cittadino si reca per queste pratiche. Andando poi a fare ulteriori verifiche è venuto fuori che anche recandomi presso altri soggetti ci sarebbe stata esattamente la stessa risposta. Risposta dovuta a come gli uffici della motorizzazione, è emerso, gestiscono queste pratiche. Alla fine, il mio caso si è risolto contattando il Ministero a Roma, che ha provveduto ad aggiornare la mia anagrafica, come del resto prevede la legge di tutela della minoranza slovena, senza costi aggiuntivi ed a quel punto si è proceduto all'emissione della patente con la grafia corretta, senza ulteriori spese, come del resto era giusto che fosse.
Al cittadino che si rivolge anche alla pubblica amministrazione, in seconda battuta per ricevere delle risposte chiare, devono venire date delle risposte univoche. Io stesso in questi giorni ho saputo di altri casi in cui non si è presentato esattamente lo stesso problema ma altri simili, ma quando si tratta banalmente di un discorso di grafia corretta del nome e del cognome, non possono esserci situazioni diversificate, devono esserci risposte chiare, immediate e coerenti, come la legislazione prevede. O perlomeno, e questo a me è mancato, la spiegazione del perché, appunto nel mio caso, non fosse possibile fare ciò che banalmente la legislazione prevedeva”.

Davide Fifaco