Da sin: Davide Fifaco, Eleonora Goio e Piergiorgio Trevisan (Foto: Martegani)
Da sin: Davide Fifaco, Eleonora Goio e Piergiorgio Trevisan (Foto: Martegani)

Una diagnosi sbagliata, poi un’operazione al cervello che ha causato una disabilità, e poi la rinascita attraverso la vela e la voglia di scoprire il mondo. È l’incredibile storia di Eleonora Goio, ex insegnate di educazione fisica, ora attiva in progetti di inclusione sociale e turismo accessibile, ma soprattutto viaggiatrice e velista.
Quella che era nata come una passione generata dalla voglia di libertà, è diventata anche una strada verso la rinascita e un esempio da seguire per tutto coloro che si trovano ad affrontare gravi ostacoli fisici, ma anche altre difficoltà nella vita.
Eleonora, che ha deciso di affrontare la vita a viso aperto, passando in barca almeno cinque mesi l’anno, spingendosi anche molto lontano, e di viaggiare anche via terra nel resto dell’anno, ha presentato il suo ultimo libro, (“Infinitamente acqua”, una visione romantica del navigare) nella sede della Lega Navale a Trieste. È la narrazione di un viaggio in barca, ma soprattutto la testimonianza di come la vela e il mare, accanto alla determinazione e alla voglia di scoprire, siano una vera e propria terapia. Un viaggio spirituale, ma anche molto concreto; una sorta di continua rinascita e scoperta del senso della vita, ma anche una navigazione senza tecnologia, lottando contro i guasti e gli imprevisti.

Foto: Martegani
Foto: Martegani

Un rapporto, quello con le barche e la vela, iniziato, come ci racconta l’autrice, negli anni ’90. “Negli anni 90 quando mi sono avvicinata alla vela e sono andata ai Caraibi, ero seguita da psichiatria, e quindi assumevo psicofarmaci: per un errore di diagnosi mi hanno considerata un po' folle, e invece avevo un angioma al cervello. La vela mi ha salvato già la prima volta, quando sono andata ai Caraibi. Dopodiché ci sono stati un matrimonio, due figli, e nel 2002 col mio compagno ho comprato una barca a vela, che è quella che ho nuovamente adesso. La vela per me è stata una terapia fondamentalmente oltre che una passione, perché mi ha salvato molte volte nella vita, anche con la disabilità”.
È la sensazione di libertà della vela che aiuta ad affrontare la disabilità, il fatto di poter girare quasi in tutto il mondo, per lo meno con la testa?
“Io non ho viaggiato solo con la testa, ma anche fisicamente: dal 2019, dopo il periplo dell'Italia, ho fatto la Croazia, sono arrivata in Grecia, e man mano sto andando sempre più a Est e non ho intenzione di fermarmi. Sto facendo la rotta del Mediterraneo via mare”.
Tu consiglieresti a chi ha avuto dei problemi fisici la vita in barca o comunque un'attività che ti porti lontano da casa?
“Sicuramente considero la vela la migliore terapia in assoluto per tantissime disabilità, o diverse abilità, come preferisco definirle, soprattutto perché conquisti lo spazio di natura, lo spazio di libertà, non hai confini né mentali né fisici, e poi, al di là di questo, molte associazioni con cui sono entrata in contatto usano la vela per qualsiasi tipo di patologia, come ad esempio il tumore al seno, come riabilitazione fisica”.

Alessandro Martegani