“Sono regole troppo illogiche per essere vere”: è questo il commento che si sente ripetere quando si parla delle norme che attualmente il governo italiano ha imposto per entrare nel paese, e che riguardano i turisti, ma anche chi deve attraversare il confine per lavoro, studio o motivi familiari, e tutti coloro che abitano a ridosso del confine.
Al via libera da parte di Lubiana all’ingresso in Slovenia della scorsa settimana per chi vive nelle regioni a basso contagio, non è infatti corrisposto un analogo, o perlomeno minimo, allentamento da parte italiana: nonostante molte interpretazioni e letture, i vari decreti e circolari del ministero della salute impongono di fatto un tampone negativo eseguito prima dell’ingresso nel paese per tutti, anche per brevi puntate oltreconfine, e anche per i vaccinati con due dosi (una circostanza che fra l’altro rischia di essere controproducente nella campagna vaccinale).
Se non si ha il risultato di un tampone negativo si può dichiarare di volerlo fare nelle 48 ore successive al rientro, ma in questo caso deve essere un tampone molecolare, con tempo lunghi e il rischio di rimanere in isolamento alcuni giorni. Sono esenti dal tampone alcune categorie, come studenti e lavoratori transfrontalieri o persone in transito, ma anche questi dovranno compilare on line il famigerato “Passenger Locator Form”, per ogni rientro anche se, in caso di non meglio identificati problemi con i mezzi informatici, si può presentare la vecchia autodichiarazione giustificativa per l'ingresso in Italia dall'estero.
Questi i termini delle norme, confermati dal Ministero della salute, dalle forze dell'ordine e anche dalla Protezione civile, e che di fatto rendono complicato per chi ha interessi, affetti e lavoro al di là del confine proseguire una vita normale, e che stanno alimentando incertezza e anche insofferenza da parte dei cittadini: una situazione ben presente ai parlamentari che vivono nelle regioni di confine, non solo del Friuli Venezia Giulia, ma evidentemente non al governo italiano. Nei contatti in atto il Ministero degli esteri avrebbe già dichiarato la propria disponibilità a creare una fascia di libera circolazione, come accade già in Francia e Germania, ma dal Ministero della salute non è giunta risposta, nonostante le ripetute richieste in questo senso da parte dei senatori Tatjana Rojc e Alessandro Alfieri, membri della commissione esteri.
Non manca chi, anche fra i rappresentanti istituzionali, in attesa di un chiarimento della situazione, confida nel buon senso delle forze dell’ordine in caso di controlli, che però sono molto rarefatti, visto che lo stesso Prefetto di Trieste Valerio Valenti, parlando di immigrazione , ha ammesso che il confine regionale, con i suoi 58 valichi, è virtualmente incontrollabile e comunque le forze dell’ordine sono perlopiù impegnate a rintracciare i migranti, e non a fermare chi rientra dalla Slovenia dopo aver passato un paio d’ore con un parente, o da una giornata di lavoro.
L’eventualità di un controllo e di un’applicazione rigida della normativa però c’è, e alimenta un senso d’insoddisfazione fra chi vive a ridosso dei confini, e la sensazione che a Roma non si comprenda quanto le attuali regole impattino sulla vita e sull’economia di un territorio ormai costruito da più di 20 anni sul libero attraversamento dei confini.

Alessandro Martegani