Gli analisti zagabresi sottolineano però che il rinvio è comunque un piccolo segnale d'allarme, un sintomo che il percorso verso la meta agognata da tempo dalla Croazia sarà irto di ostacoli. In realtà, se tutto andrà bene per Zagabria, il via libera che potrà eventualmente arrivare il 22 ottobre sarà di carattere esclusivamente tecnico. Ciò non significa che avrà una valenza anche politica. In ogni caso starà a significare che la Croazia ha ottemperato ai criteri tecnici richiesti per l'adesione al regime di Schengen. Le autorità di Zagabria sono comunque consapevoli che il percorso per entrare nella zona senza confini sarà lungo.

Molto probabilmente si dovrà attendere gli altri Paesi dell'Europa centro-orientale che hanno già ottenuto il via libera tecnico, ma non ancora quello politico. Nessun aiuto verrà dall'imminente Semestre croato di presidenza dell'Unione europea. Il governo di Zagabria è consapevole che in simili circostanze la guida dell'Europa non può essere impiegata da alcuno per risolvere questioni d'interesse soprattutto nazionale. Però, come hanno fatto presente a più ripresa i vertici croati, l'adesione di Zagabria al regime di Schengen, può avvantaggiare anche i Paesi vicini dell'UE perché i controlli alla frontiera esterna europea si spostano più a sudest.

Restano le incognite politiche e nessuno fa mistero di queste. La Slovenia, come è noto, condiziona il suo sì alla Croazia al rispetto del diritto internazionale, ovvero all'attuazione della sentenza del Tribunale d'arbitrato sul contenzioso confinario. Zagabria da questo orecchio non ci sente: semmai lascia intendere che i blocchi politici, per quanto possenti siano, non potranno continuare all'infinito. Come dire, prima o poi, come di fronte a un effetto valanga, qualcuno dovrà cedere.

Contenziosi bilaterali a parte, resta il nodo dei migranti. La rotta balcanica è sempre attiva: il passaggio dei clandestini può essere rallentato, ma a quanto pare nessuno riesce a fermarlo del tutto. E questa è una sfida che interessa a tutta l'Europa, anche alla luce della nuova crisi in Medio Oriente. L'UE fatica a darsi una linea comune sull'emergenza migratoria e fino a quando non prevarrà una visione d'insieme a rimanere ostaggi di questa situazione saranno anche i Paesi dell'Europa sudorientale. E Schengen stessa.

Dario Saftich - La Voce del Popolo

Foto: Reuters
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