Foto: Kinodvor
Foto: Kinodvor

Questa settimana è arrivato nelle sale cinematografiche italiane e slovene il film Dungeons & Dragons: Honor Among Thieves, e molti di quelli che sono stati bambini e ragazzi tra gli anni Ottanta e Novanta dello scorso secolo non possono che guardare a questa uscita come l’ultima fase di un processo storico, sociale, culturale che ha portato i nerd a diventare i re dell’industria dell’intrattenimento contemporanea.

La versione cinematografica del famoso gioco di ruolo, anche se non avesse raccolto giudizi entusiastici da parte della critica, rappresenta una pietra miliare nella cultura pop, che negli ultimi anni ha visto un vero e proprio revival dell'immaginario dei cosiddetti nerd; basti pensare al fenomeno Stranger Things. E non è un caso che i creatori della fortunata serie siano stati due accaniti giocatori di Dungeons & Dragons, come d'altronde anche quelli dell'Universo Marvel e lo stesso George R.R. Martin, al quale si deve una delle saghe più di successo degli ultimi decenni: il Trono di spade. Tutti loro, infatti, hanno ammesso di aver scoperto il loro talento attraverso questo gioco, che prevede che un gruppo di giocatori si ritrovi intorno ad un tavolo, per interpretare un personaggio di fantasia, il cui destino dipende dalla strategia ma anche dalla fortuna, visto che gli eventi sono influenzati anche dall'esito del lancio di una serie di dadi poliedrici.

Dungeons & Dragons rappresenta il capostipite di tutti i giochi di ruolo e il film tratto dalla sua storia può essere considerato l'incoronazione dell'immaginario di coloro che da ragazzini erano gli esclusi, gli strambi, destinati ad un futuro di solitudine e sfiga. Purtroppo il rischio molto concreto è di iniziare a vivere una fase di declino, sepolti dalle loro nostalgie ed incapaci di guardare oltre. A questo ci penseranno, forse, i loro figli che probabilmente stanno già delineando nuovi inesplorati mondi; mentre a parte di noi, quarantenni e cinquantenni, non ci resta che cullarci con l'idea che Dungeons & Dragons non fosse poi proprio un gioco così tanto da sfigati, visto che rischia di diventare un prodotto mainstream.

Barbara Costamagna