Era la sera del 6 maggio 1976: all’improvviso, in tutto il Friuli Venezia Giulia, ma in particolare nella fascia collinare a nord di Udine, la terra iniziò a tremare e continuò per 59 interminabili secondi.
La scossa che colpì il Friuli, seguita da una serie di assestamenti, aveva una magnitudo pari a 6,4 della scala Richter e devastò interi centri come Gemona, Venzone, Osoppo, Majano e decine di altri comuni tra le province di Udine e Pordenone, dove spesso le case erano antiche e costruite senza alcun criterio antisismico. La maggior parte dei comuni colpiti in modo rilevante non erano classificati come sismici e non erano quindi soggetti all’applicazione di norme specifiche per le costruzioni.
Sotto le macerie persero la vita quasi mille persone, più di tremila rimasero ferite: la città più colpita fu Gemona, completamente rasa al suolo con 400 vittime fra i residenti.
Le sofferenze, però, non erano finite per il Friuli, perché poco più di quattro mesi dopo, il 15 settembre, un’altra scossa di magnitudo 5.9 provocò ulteriori devastazioni, distruggendo anche strutture delle quali si era già avviata la ricostruzione.
Terribile fu anche l’impatto sull’economia: circa 15 mila lavoratori rimasero senza lavoro per la distruzione delle fabbriche.

Quella immane tragedia fu però anche il simbolo della solidarietà del Paese e, soprattutto, della capacità del Friuli di risorgere con forza e determinazione dalle proprie ceneri. In breve tempo si trovarono alloggi per tutti, si ricostruirono i paesi, e perfino opere storiche, come il duomo di Gemona, furono rimontate pietra su pietra.
Figura chiave di quella stagione fu il commissario straordinario Giuseppe Zamberletti, che pose le basi per l'avvio della Protezione Civile italiana (lo stesso Zamberletti, sei anni dopo, venne nominato Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile), e diede vita al cosiddetto "modello Friuli", basato sulla partecipazione delle comunità locali, sul rispetto della memoria e sul desiderio di modernità e progresso, che riuscì a far risorgere la regione più forte di prima nel giro di pochi anni.
A 49 anni di distanza, l'Orcolat (orco, in lingua friulana, l’essere che la tradizione popolare locale indica come causa dei terremoti) sarà ricordato (come ogni anno alle 21), dal suono delle campane di molti comuni friulani e da iniziative di commemorazione e culturali.

Alessandro Martegani