Un ricorso al Consiglio di Stato per arrivare poi fino alla Corte di giustizia europea. È questa la strada che potrebbe percorrere la vicenda del cittadino italiano residente in Slovenia, che si è visto cancellare dalle liste di disoccupazione in Friuli Venezia Giulia perché non domiciliato in Italia.
Si tratta di un caso a dire la verità non così raro nelle aree al confine fra Italia e Slovenia: attratti dai minori costi delle abitazioni e dalla tassazione sugli immobili inferiore, molti cittadini italiani decidono di trasferirsi oltreconfine, pur continuando a lavorare in Italia o a cercate lavoro in Friuli Venezia Giulia.
Un caso comune ma, conferma l’avvocato di Trieste Gianfranco Carbone, che segue il caso portato sulle cronache da quotidiano triestino il Piccolo, che non viene preso in considerazione dalla legislazione italiana Sia le ultime amministrazioni regionali, sia il governo centrale a Roma, non hanno mai dimostrato sensibilità a questi casi, considerando la residenza o il domicilio, e quindi anche il paese di riferimento il fisco, un requisito essenziale per l’accesso alla sanità e anche alle liste di disoccupazione.
Le norme italiane in realtà penalizzano i cittadini che fanno questo tipo di scelta, ledendo, secondo le ragioni della difesa, uno dei principi base dell’Unione europea, quello della libera circolazione dei lavoratori, sancito dall’Europa, ma di fatto negato dalle normative nazionali e regionali italiane.
Per questo, dopo la sentenza del Tar che si è dichiarato non competente, rimandando tutto al giudice ordinario, si punta al ricorso al Consiglio di Stato ma soprattutto a una successiva sentenza della Corte di giustizia europea: una soluzione dai tempi incerti ma che avrebbe un valore d’indirizzo per le normative italiane, che fino ad oggi non hanno tenuto conto in generale del lavoro transfrontaliero, e in particolare della situazione dei lavoratori al confine fra Italia e Slovenia.

Alessandro Martegani

Foto: MMC RTV SLO
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