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Il governo è in carica soltanto per il disbrigo degli affari correnti e non può prendere decisioni o assumersi responsabilità, destinando dieci, cento o più milioni di euro per l'aumento dei salari nel pubblico impiego. E' la risposta del premier dimissionario Cerar alle sollecitazioni dei sindacati, secondo i quali non esistono ostacoli di natura giuridica al proseguimento dei negoziati. Il compito di continuare il confronto e arrivare ad una intesa, cosi Cerar, spetterà al nuovo governo; non ha senso insistere nelle condizioni attuali, quando la trattativa potrebbe venir sfruttata per fini elettorali e condizionata dalla campagna stessa, siamo però pronti a qualche confronto, ha aggiunto, se ciò si rendesse necessario. Cerar ha anche deplorato il fatto che i sindacati non abbiano accettato le proposte pervenute dall'esecutivo durante l'ultima fase dei negoziati e che ha giudicato come molto buone, in quanto sarebbero state una soluzione adeguata per tutte le categorie dei dipendenti pubblici, da quelli con salari più bassi a quelli con mansioni di lavoro meglio retribuite. Ricorderemo che subito dopo le dimissioni del premier, la responsabile della delegazione negoziale governativa, Lilijana Kozlovič, aveva informato la controparte, cioè i sindacati, che la trattativa veniva rinviata a tempo indeterminato. Per il coordinamento dei Comitati di sciopero operanti all'interno dei sindacati del pubblico impiego, guidati da Jakob Počivavšek, sarebbe invece opportuno negoziare ancora, almeno fino all'armonizzazione delle rispettive posizioni, lasciando poi al futuro governo il compito di firmare l'accordo. Lo stesso Počivavšek ha detto di non escludere qualche nuovo sciopero nel pubblico impiego, dopo quelli di gennaio e febbraio e quello ulteriore del 14 marzo nel comparto educazione e istruzione. Agitazioni da organizzare prima, ma anche dopo il voto parlamentare.