Foto: CC-BY-NC-SA 3.0 IT
Foto: CC-BY-NC-SA 3.0 IT

Superato lo scoglio della fiducia, la riforma della giustizia, la prima della serie di riforme che il governo Draghi dovrà attuare anche per adempiere agli impegni presi con l’Europa nell’ambito del Recovery Fund, viaggia verso l’approvazione, prevista per questa sera.
L’incontro fra il futuro capo politico del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e il premier Mario Draghi prima, e il richiamo ai deputati grillini da parte dello stesso Conte poi, hanno ricompattato il Movimento 5 Stelle, aiutando la maggioranza a superare la prova forse politicamente più complessa da quando il governo Draghi ha assunto la guida del paese.
La riforma era stata votata all’unanimità dal governo a luglio, ma poi i grillini erano tornati a chiedere delle modifiche, innescando uno scontro risolto solo con un colloquio fra Draghi e l’ex premier Conte, che deve guarire le profonde fratture nel partito, scosso dal braccio di ferro fra il futuro capo politico e il fondatore Beppe Grillo sul nuovo statuto.
La riforma corregge la legge Bonafede, approvata nel 2018 e diventata una bandiera del Movimento 5 Stelle, che aveva cancellato la prescrizione dopo le sentenze di primo grado. Il testo che sarà votato alla Camera in serata, ed è atteso al Senato dopo la pausa estiva, introduce tempi fissi, due anni per l’appello e un anno per la Cassazione, oltre i quali scatta “l’improcedibilità”, bloccando di fatto il processo.
Sono state però introdotte alcune eccezioni per i reati particolarmente gravi, come quelli legati alla mafia, la violenza sessuale, i reati con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, e in generale i reati puniti con l’ergastolo, per i quali sarà possibile estendere la durata del processo su richiesta dei giudici. A ricadere sotto la nuova normativa inoltre, saranno solo i reati commessi dopo il 1 gennaio 2020.
A favore della fiducia sul provvedimento hanno votato quasi tutti i gruppi presenti nell’aula tranne Fratelli d’Italia, forza fortemente critica sulla riforma. Contrari anche gli ex grillini fuoriusciti dopo la nascita del governo Draghi, che hanno anche protestato in aula.

Alessandro Martegani