Ridefinire il concetto di consenso sessuale. Segnare chiaramente il limite: tutto quello che non è "sì" chiaro e netto è violenza. La proposta di ridefinizione del reato di stupro e violenza sessuale avanzata dall'"Istituto 8. marzo" si rifà a un modello già adottato in altri paesi come Croazia, Danimarca e Regno Unito. A tre anni dal movimento MeeToo nato dopo gli scandali sessuali negli Stati Uniti, il bubbone è scoppiato anche in diversi Paesi della ex Jugoslavia. Molte donne - soprattutto attrici e studentesse - hanno raccontato di violenze fisiche e psicologiche a fondo sessuale subite. La conclusione di fondo emersa nei vari dibattiti è che le disposizioni vigenti non tutelano a sufficienza le vittime. Troppe sarebbero le ambiguità, le scappatoie, le "giustificazioni". Violenza non è solo quella dello sconosciuto che sbuca dal buio nella notte, ma anche quella consumata dal collega di lavoro col quale si è uscite a bere qualcosa, e nella coppia. Secondo il codice penale sloveno uno stupro non è considerato tale se la persona che lo compie non usa violenza fisica. L'associazione "Istituto 8. marzo" propone dunque di fare un passo avanti, di puntualizzare le disposizioni in materia affinchè non ci sia il rischio di errate interpretazioni. Si chiede che un atto sessuale sia punibile appena la donna rifiuta il beneplacito. Stop. Mille cittadini sloveni hanno posto finora la loro firma sotto la petizione capeggiata dal motto "Sì significa sì". In sessanta giorni i promotori ne dovranno raccogliere almeno 5000. Si sono già detti favorevoli alla ridefinizione del reato tutte le formazioni politiche di opposizione, nonchè i due maggiori partiti della coalizione di governo, SDS e Nuova Slovenia. (a.c.)

Foto: Radio Capodistria
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