La festa della mamma è un’occasione per celebrare una figura di riferimento della famiglia, ma anche per riflettere sui maltrattamenti e la pressione a cui troppo spesso le donne sono sottoposte fra le mura domestiche.
Un fenomeno che non accenna a calare, e che nei mesi della pandemia, in particolare in quelli di chiusura, sembra essersi addirittura fatto più complesso. Secondo i dati Istat in Italia le telefonate ai numeri antiviolenza sono aumentate del 75 per cento nel 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, anche se sono calate le denunce per maltrattamenti in famiglia e quelle per femminicidi. Per l’Istat è aumentato anche il totale dei figli che hanno assistito alle aggressioni nei confronti delle madri e sempre più donne hanno sopportato varie forme di discriminazione, soprusi e aggressioni fisiche e verbali per proteggere i figli.
La convivenza forzata da una parte aumenta i rischi di contrasti e scontri, dall’altra potrebbe spiegare il calo delle denunce: molte donne sarebbero spinte a non procedere contro i familiari autori delle violenze e dei soprusi perché sono costantemente controllate o non saprebbero dove andare.
Un aumento delle chiamate ai centri antiviolenza potrebbe però anche significare che sta passando il messaggio che i soprusi e le violenze in famiglia non sono fenomeni che vanno tollerati o nascosti, segno che le campagne di sensibilizzazione stanno funzionando, e che le donne in famiglia stanno prendendo coscienza del valore del proprio ruolo.
Valentina Ruggiero, avvocato, esperta in diritto di famiglia e da anni in prima linea nella lotta alla violenza sulle donne sottolinea come “l’ambito giudiziario sembra faticare a riprendere il ritmo delle attività, di fatto resta ancora in emergenza” e stenta “ad andare a fondo di una materia che tratta di diritti personalissimi e che per sua natura ha necessità di udienze in presenza per far comprendere ai giudici i veri disagi che stanno vivendo le donne e in generale i familiari coinvolti”.
In questi mesi, aggiunge, è aumentata di circa il 10 per cento la richiesta di sostegno psicologico, “segno di un malessere generale che non può restare inascoltato”.

Alessandro Martegani