La decisione del premier italiano Mario Draghi di desecretare nuovi documenti sulle attività di Gladio, l’organizzazione paramilitare clandestina appartenente alla rete internazionale “Stay-behind”, creata dalla Cia in funzione antisovietica ai tempi della guerra fredda, apre nuove prospettive nella ricostruzione dei legami fra servizi italiani, organizzazioni clandestine e le stragi in Italia, ma anche delle attività contro la comunità slovena in Friuli Venezia Giulia.
Draghi ha annunciato la firma della direttiva per desecretare i documenti su Gladio e sulla loggia massonica P2 nell’anniversario della strage di Bologna, che nell’agosto del 1980 causò 85 vittime, quasi a voler confermare un legame fra le due organizzazioni segrete e le stragi in Italia.
Come riportato dal quotidiano della comunità slovena Primorski Dnevnik, i documenti, che a breve saranno a disposizione degli studiosi nell’archivio centrale dello Stato, potrebbero dare nuove indicazioni sulle responsabilità di Gladio, e della loggia P2 in eventi come la strage di Piazza Fontana a Milano, Peteano, Piazza della Loggia a Brescia, l'Italicus, Ustica, e la Stazione di Bologna, tutta documentazione su cui fino ad oggi c’era ancora il controllo dei sevizi segreti. L’ordinanza non fa però riferimento esplicito alle attività compiute in Friuli Venezia Giulia contro lo sviluppo della lingua e della comunità slovena, in particolare nelle valli del Natisone.
Parte di queste storie sono state raccontate nel libro “Gli anni bui della Slavia”, scritto da due sacerdoti, Marino Qualizza e Natalino Zuanella, cha hanno raccontato le attività che le organizzazioni segrete nel Friuli orientale hanno condotto contro la minoranza linguistica nazionale slovena dal 1945 al 1955, attività che, come disse lo stesso Qualizza, alla comunità slovena fecero più danni del fascismo.
Con il pretesto di proteggere il confine orientale, gli uomini di Gladio, organizzazione che inizialmente aveva raccolto i componenti delle brigate partigiane Osoppo, iniziarono una serie di attività per limitare la comunità slovena e la diffusione della lingua e della cultura, attaccando politicamente, ma anche fisicamente, i sacerdoti, gli operatori culturali i politici. “Una snazionalizzazione attentamente pianificata e una politica violenta – dice Sandor Tence sul Primorski Dnevnik - perseguita dal tenente colonnello Luigi Olivieri, con il consenso (o il silenzio) delle autorità ecclesiastiche, a cominciare dall'Arcidiocesi di Udine, e con il sostegno dell'apparato statale”. Un’attività che durò fino agli anni 80.
Che gli apparati della Stato fossero coinvolti nelle azioni sul territorio di Gladio, ma anche nelle stragi, lo aveva anche affermato nei suoi libri Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Corte suprema di Cassazione: tesi che potrebbero trovare ora ulteriore conferma, anche se rimane da vedere quali documenti saranno desecretati e in che misura, visto che rimane il dubbio che da parte di Roma si voglia comunque ancora proteggere il ruolo avuto dalla Cia nell’attività di Gladio, limitandosi a consentire la verifica sulle responsabilità interne al paese.

Alessandro Martegani