Foto: EPA
Foto: EPA

L'Austria ormai da anni ha scelto la via della tolleranza zero per quanto riguarda gli arrivi di migranti ai suoi confini e su questa linea sembra proseguire visto che nei prossimi giorni è stato annunciato che Vienna comunicherà alla Commissione europea l’ennesima estensione dei controlli alla sua frontiera interna di Schengen con Slovenia e Ungheria. A spiegare le motivazioni si questa scelta è stato oggi il ministro degli interni Gerhard Karner, che ha parlato di una grande pressione migratoria registrata nell’ultimo anno, che, secondo lui, rende necessario il mantenimento dei controlli nelle aree di frontiera, dove si starebbe registrando il maggiore flusso di passaggi illegali.

Per Karner si tratta dell'unico modo di garantire la sicurezza dei cittadini austriaci, poichè i controlli ai confini esterni di Schengen si starebbero dimostando poco efficaci. La pressione migratoria secondo il ministro starebbe aumentando in questi ultimi mesi non solo sull’Italia, ma anche sulla Slovenia che registrerebbe una "crescita del 300%" dell'immigrazione clandestina.

"Ecco perché è imperativo che l'Austria reagisca e si prepari per tempo", ha sottolineato; aggiungendo che si tratta solo di un modo di prevenire situazioni spiacevoli già sperimentate in passato e di scoraggiare le mafie impegnate nel contrabbando degli esseri umani, mantenendo il controllo in primis dei confini nazionali e rendendone difficile il passaggio.

L'Austria introdusse i controlli alle frontiere con la Slovenia e l'Ungheria nel 2015
al culmine della crisi dei rifugiati, per poi prorogare questo provvedimento di sei mesi in sei mesi sino ad oggi. L'ultima volta è stato prolungato di sei mesi lo scorso novembre, fino all'11 maggio di quest'anno. Il Ministero degli Esteri sloveno all’epoca definì la decisione austriaca infondata, dal momento che Vienna non aveva dimostrato l'esistenza di alcuna nuova minaccia alla sua sicurezza; violando così di fatto la sentenza della Corte di giustizia dell'UE che prevede l'estensione solo in questo caso.

Barbara Costamagna