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A giudizio della critica e anche degli spettatori un successo più che meritato. A partire dalla trama scelta dall'ormai celebre regista sud coreano: tutto inizia quando una famiglia povera e disgraziata, che vive in un seminterrato, grazie a una buona dose di astuzia e capacità truffaldina, si insinua come un parassita nella vita di un'altra famiglia che appartiene invece ad un rango sociale molto alto. Il tono è quello della commedia grottesca, ma che piano piano, inavertitamente, muta, trasformandosi in qualcos'altro. Una storia perfetta si potrebbe dire, studiata con genialità dal regista sud-coreano Bong Joon-ho, che è anche soggettista e sceneggiatore. Ricorda la storia portata sul grande schermo da Nick Nolte, nel film »Su è giù per Beverly Hills«, astuto barbone di strada che si intrufola in una famiglia americana benestante e si inserisce al capofamiglia distratto fino a sostituirlo nel ruolo di marito e di padre. Ma nel film »Parassita« c'è molto di più. C'è la ferma e potente denuncia sociale contro le disuguaglianze, le nuove schiavitù della moderna società materialistica, il disprezzo dei ricchi nei confronti dei poveri. Ma come nei film di Pasolini, in Accattone ad esempio, gli esclusi non puntano alla lotta di classe, ambiscono solo alla ricchezza e a trasformarsi nei nuovi sopraffattori. Un'aspirazione che, non senza provare una profonda delusione, lo stesso Pasolini aveva scoperto nel sottoproletariato italiano degli anni Sessanta. La pellicola di Bong è perfetta anche sul piano filmico e delle scelte registiche, regalando persino molte risate agli spettatori, mentre al tempo stesso con la chiave del contrappunto ci immerge sempre più nelle atmosfere inquietanti, persino tragiche, di un film sfuggente a qualsiasi categoria.

Foto: Reuters