Kovačević è stato accusato di corruzione poiché avrebbe intascato una tangente di quasi due milioni di kune in cambio della quale avrebbe assegnato degli appalti a un’impresa di Ivanić Grad, proprietà dell’imprenditore Krešo Petek. La vicenda, oltre che a essere al vaglio degli inquirenti, è al centro di un duro confronto tra il premier Plenković e il capo dello stato Milanović. Quest’ultimo – non negando di conoscere Kovačević che in passato era membro del Partito Socialdemocratico - si chiede come mai ci siano voluti dieci mesi per arrivare agli arresti, visto che ci sono prove risalenti al novembre dell’altro anno. “Un ritardo per insabbiare altri loschi affari e tutelare altre persone”, fa capire Milanović stupito inoltre dal fatto che un esponente di sinistra sia stato riconfermato alla guida di un’importante azienda statale in periodi governati dal HDZ.
Plenković, che in un primo momento si era dichiarato ignaro sulle indagini difendendo pure il ministro degli Interni, Božinović, ora rincara la dose e afferma che – rispettando il principio della separazione dei ruoli - il suo esecutivo non ha mai fatto pressioni sul potere giuridico. “La Procura dello Stato, le unità specializzate nella lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata sono istituzioni autonome sulle quali il mio esecutivo non ha ingerenza”, ha detto Plenković aggiungendo che “probabilmente così non era nel periodo in cui alla guida del governo c’era Milanović”. La vicenda desta interesse anche perché nel locale zagabrese in cui è avvenuta la consegna delle mazzette lo scorso novembre, si trovava – sembra per puro caso - pure Jakob Kitarović, marito dell’ex presidente croata, Kolinda Grabar Kitarović.

(lpa)

Foto: Reuters
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