
Giornalista caduto mentre raccontava la guerra in Mozambico o estremista della destra triestina? Attorno a questo dilemma ruotano gli interventi, le polemiche e i giudizi sul premio giornalistico intitolato ad Almerigo Grilz, giornalista ed esponente della destra italiana, morto in Mozambico il 19 maggio 1987 mentre documentava la guerra al seguito della Renamo, una delle fazioni in conflitto nel Paese.

Alla memoria di Grilz (il primo giornalista italiano a cadere su un campo di battaglia dopo la Seconda guerra mondiale, come ricordano i suoi estimatori), lo scorso anno è stato istituito un premio giornalistico riservato a reportage realizzati da giovani colleghi, con una giuria composta da professionisti di rilievo nazionale. L’iniziativa, sostenuta e finanziata con fondi pubblici — fra gli altri dalle Regioni Lombardia e Friuli Venezia Giulia e dal Comune di Trieste — aveva però incontrato subito una fiera opposizione da parte dei partiti di centrosinistra e da una serie di organizzazioni come l’ANPI: polemiche che sono ritornate puntualmente anche nella seconda edizione.
Il premio, che sarà consegnato il 19 maggio a Milano, ha scatenato una nuova ondata di disapprovazione da parte del centrosinistra e da organizzazioni come l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, che ricordano il passato di Grilz nell’estrema destra, ritenendo inaccettabile che possa essere indicato come un esempio per i giovani giornalisti e che il concorso possa essere finanziato con fondi pubblici, 90 mila euro della Regione Friuli Venezia Giulia, più 50 mila della Regione Lombardia, come conferma Pierpaolo Brovedani, medico e rappresentante dell’ANPI nella CGIL.
Nel 1983, ci fu un articolo apologetico di Mussolini da parte di Grilz: si può rispettare la morte di una persona, ma non al punto da dedicargli una via o un premio giornalistico".
“Nel sito ufficiale del premio viene omessa tutta la parte politica di Almerigo Grilz, che fu un neofascista, che scorrazzava nelle sue spedizioni anti slovene sull’altopiano, e che morì schierato con i guerriglieri antigovernativi, mentre l’ospedale triestino del Burlo svolgeva per il governo un progetto di sanità e cooperazione. Questo, a nostro parere, non è ammissibile, anche perché, proprio nel 1983, ci fu un articolo apologetico di Mussolini da parte di Grilz, che non possiamo sottacere. Si può rispettare la morte di una persona, ma non al punto da dedicargli una via o un premio giornalistico”.
“Purtroppo – aggiunge - la Regione Friuli Venezia Giulia ha stanziato 90.000 euro quest’anno per questo premio e la Regione Lombardia ne ha stanziati altri 50.000. È una situazione gravissima, in cui fondi pubblici vengono dedicati a queste mostre e a queste iniziative, che noi non riteniamo indegne di uno Stato democratico: ricordo che il vincitore del premio prende soltanto 3.000 euro e una targa ricordo, il resto va all’associazione Amici di Almerigo.”

I movimenti, firmatari di un appello contro il premio (una trentina di associazioni e partiti, e decine di consiglieri degli enti locali), hanno anche organizzato un presidio in piazza Unità, a pochi metri dalla sala in cui è stata inaugurata la mostra “Dentro il Fuoco”, dedicata alla storia di Grilz, (alla fine della manifestrazione hanno anche intonato "Bella Ciao") e allargano la critica all’impostazione generale delle attività culturali del Comune di Trieste e anche a livello nazionale, che rivelerebbe una tendenza al giustificazionismo e alla negazione delle responsabilità del fascismo. Ricordano l’imbrattamento del monumento ai caduti della Resistenza a Trieste, con le scritte fasciste rimaste sul monumento a lungo, le braccia tese dei neofascisti in via Paduina nel ricordo di Grilz, le intitolazioni di vie o palazzi a figure come Mario Grambassi (giornalista fascista morto nella guerra di Spagna), o Ernesto Mari (capo delle guardie carcerarie sotto l’occupazione nazista, infoibato ma anche accusato di collaborazionismo), i pezzi di Almerigo Grilz che, a pochi anni dalla sua morte, inneggiavano al fascismo, fino al mancato patrocinio del Comune di Trieste alla festa del 25 aprile.
Intitolare a Grilz un premio giornalistico significa rovesciare il senso stesso dell’informazione: non è questa la libertà di stampa che va difesa".
"Si tratta - ha detto Alessandra Richetti del Moviomento 5 Stelle, una dei cosiglieri comunali presenti al presidio - di un’iniziativa che, a pochi giorni dalla celebrazione della Liberazione, rappresenta una grave provocazione alla memoria democratica di Trieste. Grilz non solo ha espresso apertamente posizioni neofasciste, ma ha anche dato voce, come reporter, a gruppi paramilitari come la Renamo, sostenendone la causa e contribuendo a legittimarne l’azione sul piano internazionale. Parliamo di milizie responsabili di stupri sistematici, uccisioni di bambini, mutilazioni e massacri, come documentato da numerose fonti storiche.
Intitolargli oggi un premio giornalistico significa rovesciare il senso stesso dell’informazione: non è questa la libertà di stampa che va difesa. Il giornalismo è ricerca della verità, non celebrazione della violenza".
Critiche che però vengono respinte al mittente dagli organizzatori del premio, come Fausto Biloslavo, corrispondente di guerra e membro della giuria del premio.
Tutte le guerre finiscono e bisogna voltare pagina. Quello che resta dopo le guerre, dopo aver avuto il coraggio di voltare pagina, è ricordare i caduti, tutti i caduti, da una parte e dall’altra".
“Purtroppo queste cose capitano solo a Trieste, che evidentemente è una città particolare. Il discorso è molto semplice: tutte le guerre finiscono. È finita la guerra in Mozambico e Renamo e Frelimo, cioè i due partiti armati che si opponevano in maniera sanguinosa, hanno fatto la pace. Ora, nonostante l’instabilità del Mozambico, uno è al potere, l’altro è ben rappresentato in Parlamento. Tutte le guerre finiscono e bisogna voltare pagina. Quello che resta dopo le guerre, dopo aver avuto il coraggio di voltare pagina, è ricordare i caduti, tutti i caduti, da una parte e dall’altra. Almerigo era un testimone caduto, si trovava con la Renamo e, nel realizzare un documentario su queste vicende, abbiamo trovato una grande collaborazione da parte del governo mozambicano, che è in mano al Frelimo. Questa iniziativa dimostra quanto siano desueti e assurdi questi presidi, queste richieste, perché tutte le guerre finiscono, anche le guerre di casa nostra, quella guerra, fra virgolette, degli opposti estremismi che io ricordo molto bene, anche se portavo i calzoni corti negli anni ’70, ma evidentemente non finiscono per tutti.”
Biloslavo ha anche sottolineato gli obiettivi del premio, ("riconoscere, valorizzare, premiare e aiutare i giovani giornalisti di guerra, giovani che vogliono seguire questo mestiere, che vogliono farlo andando sul campo, laddove i fatti accadono, non rimanendo a bordo piscina”), e “la qualità dei lavori presentati che è molto alta. C’erano tanti lavori: abbiamo ricevuto 30 candidature, che non sono poche, anche perché abbiamo voluto fin dall’inizio porre il limite di età, al di sotto dei quarant’anni". "Sono felice che, con grande difficoltà, siamo riusciti a premiare i migliori. Posso anticiparvi che c’è una predominanza di donne, e questo mi fa molto piacere. Abbiamo premiato i lavori migliori, e ci saranno anche diverse menzioni, perché alcuni lavori rimasti fuori erano comunque di gran valore.”

Molte anche le novità dell’edizione 2025: “Siamo andati in Mozambico, dove abbiamo portato una targa che abbiamo posto dove è sepolto Almerigo, come era sua volontà. Questa missione produrrà un documentario, che tra l’altro vedrà la proiezione di alcuni estratti anche venerdì alla Sala Luttazzi, quando organizzeremo il talk su ‘La guerra dell’informazione e la disinformazione’. Il documentario diventerà un vero e proprio cortometraggio e accederà anche a diversi festival in Italia e in Europa. Poi c’è il premio alla carriera, che ci sta molto a cuore.”
Alessandro Martegani