Foto: Il presidente della Corte Suprema, Miodrag Đorđević, durante il discorso di apertura dell'anno giudiziario. BoBo/Žiga Živulović ml.
Foto: Il presidente della Corte Suprema, Miodrag Đorđević, durante il discorso di apertura dell'anno giudiziario. BoBo/Žiga Živulović ml.

Sono tre i poteri sui quali poggiano le basi democratiche dello Stato, e ognuno di essi deve essere autonomo, indipendente, e in grado di funzionare nel migliore dei modi per bilanciare la divisione dei poteri e, con questa, garantire il funzionamento della società nel suo insieme. A parlare così è stato Miodrag Đorđević, presidente del massimo organo giudiziario del paese, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Toni più contenuti rispetto all’intervista diffusa la mattina dalla radio pubblica, nella quale Đorđević aveva utilizzato parole dure nei confronti del premier, Robert Golob, assente così come la presidente della Repubblica, Nataša Pirc Musar. Golob è accusato da Đorđević di minare consapevolmente l’indipendenza e il normale funzionamento della magistratura. "L'indipendenza non è affatto un privilegio dei giudici, ma un diritto dei cittadini", ha sottolineato Đorđević. Diritto che deve essere assicurato con un funzionamento adeguato di tutta la macchina giudiziaria, a partire da questioni che sembrano meno prioritarie come la gestione e la logistica delle aule dei tribunali, spesso inefficiente e antieconomica. Fattore che contribuisce a mettere a rischio anche la qualità del processo. Inevitabile quindi un passaggio sullo spinoso tema dell’aumento salariale. Una sentenza della Corte costituzionale, infatti, ha stabilito a giugno scorso che la regolamentazione degli stipendi dei giudici non è coerente con i principi di indipendenza e separazione dei poteri, motivo per il quale aveva affidato al legislatore il compito di risolvere l'incostituzionalità entro il 3 gennaio. Cosa che però non è avvenuta, e l’inadempienza è stata definita grave dal presidente della Corte costituzionale stessa, Matej Accetto, che nel suo discorso non ha risparmiato critiche all’esecutivo.

Valerio Fabbri