Branko Soban, ex giornalista del Delo e corrispondente di guerra, mentre legge il suo intervento durante la Giornata internazionale di solidarietà con i giornalisti palestinesi, a piazza Prešeren, Lubiana. Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria
Branko Soban, ex giornalista del Delo e corrispondente di guerra, mentre legge il suo intervento durante la Giornata internazionale di solidarietà con i giornalisti palestinesi, a piazza Prešeren, Lubiana. Foto: Valerio Fabbri/Radio Capodistria

Nella tragedia del conflitto che da oltre quattro mesi tormenta la striscia di Gaza è in corso un’altra tragedia: finora sono stati cento i giornalisti uccisi, l'equivalente di sette a settimana, un massacro terribile e ingiustificato di chi è impegnato sul campo ogni giorno per documentare la guerra, un lavoro ancor più prezioso del solito per le difficoltà di accesso dei media internazionali. Raccogliendo un’iniziativa lanciata dalla Federazione internazionale dei giornalisti, l’Unione dei giornalisti sloveni ha organizzato a Lubiana una manifestazione di solidarietà con i colleghi palestinesi. Dopo il minuto di silenzio in piazza Prešeren ha preso la parola Branko Soban, storico inviato di guerra del Delo, nonché corrispondente dalla Russia da dove ha seguito le guerre cecene, per tracciare un quadro della situazione a Gaza. Soban ha detto che la guerra è come una radiografia, che rivela i dettagli più intimi di una persona e ne esaspera le qualità, in positivo così come in negativo, e ha poi letto un breve testo, con il quale ha provato a tratteggiare il disastro umanitario che vivono i residenti di Gaza, falcidiati dal conflitto così come dalla carenza di cibo. Obiettivo dell’appuntamento, infatti, era anche quello di richiamare l’attenzione sulle condizioni dei giornalisti palestinesi che vivono e lavorano nella Striscia, vittime come tutti i residenti della scarsità di beni di prima necessità che, laddove siano disponibili, non sono più accessibili per i prezzi schizzati alle stelle.
Ma c’è di più. Secondo Helena Milenković, giornalista di politica estera della televisione pubblica e attivista sindacale, è allarmante anche la scarsa copertura internazionale del conflitto, conseguenza inevitabile dell'esclusione sistematica dall'enclave dei media di tutto il mondo, operata da Israele. Una negazione del diritto di cronaca che diventa abuso della libertà dei media, motivo per il quale, ha detto Milenković, è necessario arrivare quanto prima a una tregua per evitare il peggioramento della situazione umanitaria.

Valerio Fabbri