Foto: BoBo
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La Seconda guerra mondiale in Slovenia fu un fenomeno complesso, contraddistinto dall’occupazione, dalla resistenza, dalla rivoluzione, dalla controrivoluzione, dal collaborazionismo e dalla guerra civile. Tutto ciò porta ancor oggi ad avere due versioni diametralmente opposte sul passato, con luoghi della memoria divisi, dove la più grande tragedia fu proprio quella che vide andare in scena una sanguinosa guerra fratricida, le cui responsabilità sono di entrambe le parti. Una guerra contraddistinta da numerosi crimini, tra cui si caratterizza - per la sua ferocia - l’eccidio di migliaia di uomini inquadrati nelle Scolte contadine e di civili, messo in atto a guerra finita dalle autorità comuniste.

Per l'Accademia delle arti e delle scienze gli sloveni devono trovare un'intesa sui valori nazionali. In sintesi, non dovrebbe essere messo in dubbio che la resistenza contro l'occupatore era giustificata, mentre il collaborazionismo non lo era. D'altra parte, però non era giustificata l'appropriazione da parte del Partito comunista della Lotta popolare di liberazione e nemmeno il terrore rivoluzionario, mentre la resistenza contro questo processo lo era. Per gli accademici dovrebbe essere chiaro che quando si punta il dito contro la rivoluzione non si condanna la resistenza e quando si condanna il collaborazionismo con si punta il dito contro chi si è opposto alla rivoluzione.

In un paese dove ognuno ha i suoi luoghi della memoria l'obiettivo del documento è quello di trovare una sintesi che accomuni tutti gli sloveni.
Il presidente della repubblica Borut Pahor, ha subito definito prezioso il contributo dato dall’Accademia e ha rimarcato come in trent'anni di indipendenza siano stati fatti molti gesti simbolici, ma mai nessuno era riuscito prima di questa volta mettere sulla carta la riconciliazione.

Stefano Lusa