Foto: Archivio personale
Foto: Archivio personale

La casa a Bertocchi è isolata, immersa nella campagna. Maurizio Tremul nasce in una famiglia contadina di Capodistria e passa l'infanzia a giocare nell'aia con la sorella di due anni più grande. Quando i genitori sono al lavoro trascorre il tempo con i nonni. Fino alla scuola ha pochi contatti con gli altri. Il ritmo della sua vita è semplice: la mandolinistica in comunità, il catechismo e la messa della domenica. A scuola se la cava e finite le medie si iscrive a ragioneria, lì un giorno trova il coraggio di consegnare alcune sue poesie a Nereo Parma, il suo insegnante d’italiano, che vede in quei versi qualcosa di buono e sprona il ragazzino a continuare.

Iniziano a piovere premi e presto i critici capiranno che i suoi lavori sono di rottura rispetto ai consueti canoni minoritari, tanto che Sergio Molesi lo considererà l’esponente per eccellenza della Nouvelle vague istriana. Maurizio si ispirerà, inizialmente, all’ambiente bucolico della sua infanzia. A 15 anni vince Istria nobilissima giovani. Tra le sue prose ce n’è anche una intitolata “Il contadino”, versi troppo critici nei confronti del regime, che l’UIIF e l’UPT preferiscono non inserire nell’antologia delle opere premiate. Nel maggio del 1980, alla morte di Tito, assieme a tutti gli studenti delle scuole jugoslave dell’epoca, deve scrivere una poesia dedicata al Maresciallo. Lui è bravo e due anni dopo viene pubblicata su Panorama giovani. Quei versi continueranno a rincorrerlo.

Spesso nel pomeriggio si ferma a dare ripetizioni ai suoi compagni. Lì Maurizio scopre la sua passione per l’insegnamento. A casa non ci sono soldi per farlo studiare in Italia e allora chiede una borsa di studio all’Unione degli italiani dell’Istria e di Fiume e si iscrive alla Facoltà di lettere e filosofia di Trieste.

Finita la borsa di studio torna a Capodistria. C’è da ultimare la tesi, ma intanto inizia ad insegnare alle superiori, nella stessa scuola che lui stesso aveva frequentato. È il lavoro che vuole fare. I suoi studenti lo adorano. Diventa sempre più un intellettuale organico della minoranza. Entra a far parte della redazione de “La battana”. In quel periodo usciranno numeri di profonda riflessione sul rapporto tra stato e minoranza, sulle letterature dell’esodo e i versi del poeta rovignese Ligio Zanini, che aveva vissuto l’inferno dell’Isola Calva. Lavora alla tesi. Inizia con un professore, che lascia l’università prima che la sua ricerca sia conclusa; ricomincia daccapo e quando la tesi prende corpo il docente muore. Quando ci riprova la terza volta è lui a non avere più tempo.

Nel 1990 si presenta alle elezioni della Comunità autogestita, lì conosce Alessandra, una battagliera ragazza con molta più voglia di far politica di lui. Si innamorano e dopo sette anni si sposano. Il loro matrimonio raccoglie tra gli invitati il gotha della politica istriana e regionale. Oggi Maurizio e Alessandra passano il tempo libero a coccolare le loro bambine.

Non è una delle punte di diamante di Gruppo 88 e di Movimento per la costituente, ma partecipa al dibattito sul rinnovamento dell’Unione. Alla conta dei voti i riformatori hanno la maggioranza relativa e devono mediare con gli altri. La presidenza dell’Unione viene affidata ad Antonio Borme e dal cilindro esce il nome di Maurizio per la Giunta esecutiva. L’idea generale è che non si sarebbe fatta troppa fatica a controllare il giovanotto.

A ventisette anni, senza significative esperienze politiche alle spalle, si trova a gestire una giunta non scelta da lui. Può contare sui consigli di Sergio Settomini e dell’ambasciatore Luigi Solari, che gli spiega come muoversi in diplomazia. Le riunioni sono estenuanti, durano fino a tarda notte ed il ritorno a casa è su strade deserte, con cavalli di frisia, militari e posti di blocco con civili armati. All’interno dell’Unione è tra quelli che frenano chi vorrebbe chiedere all’Italia nuovi campi profughi e promuovere l’abbandono definitivo dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia della comunità italiana.

La barra del timone di Unione Italiana è sempre più nelle sue mani. Maurizio disegna statuti, leggi, accordi internazionali. Non è una figura carismatica, ma compensa con un lavoro estenuante. I suoi collaboratori, che lo lasciano a tarda notte, la mattina dopo si trovano in ufficio con una pioggia di puntigliose mail. Può contare su un vasto consenso interno e sui favori dell’Italia. Viene coperto di voti e di onorificenze.

L’Unione diventa una macchina bene oliata. I finanziamenti ci sono e si restaurano comunità e scuole e fioccano nuove iniziative. Quando qualcosa comincia a scricchiolare Maurizio testardamente si inventa l’Ufficio Europa. La struttura viene contestata dall’interno, ma lui crede che possa servire a dare risorse e soprattutto a lavoro ai giovani. Può contare su una maggioranza silenziosa, ma deve sempre più fare i conti con una chiassosa opposizione, disposta ad usare tutti i mezzi pur di liberarsi di lui.

Alla poltrona di parlamentare Maurizio ci pensava da tempo. In passato quando gli era stato chiesto di provarci aveva sempre rifiutato dicendo che non voleva correre contro Roberto Battelli, un compagno di mille battaglie. Con il ritiro di Battelli, però, questo tacito accordo non vale più e a questo punto per Maurizio è giunta l’ora di affrontare una nuova sfida.