Che ripercussioni avrà la pandemia sull'economia e la politica mondiale? Vittorio Emanuele Parsi, politologo ed editorialista di fama, docente alla Cattolica di Milano, ha dedicato a questo tema un libro uscito (in ebook) da Piemme, "Vulnerabili", presentato a Palazzo Gravisi di Capodistria per iniziativa del Centro culturale italiano Carlo Combi e del Circolo di cultura istro-veneta Istria di Trieste. Nel volume il professor Parsi delinea tre possibili scenari per il mondo "post Covid": una Restaurazione come nel 1815, con il ritorno ai vecchi schemi; una sorta di Fine dell'impero, in cui vede meno democrazia e la fine dell'Unione europea; e terzo scenario, quello della pandemia come opportunità di un nuovo Rinascimento, di immaginare un mondo diverso che metta al centro l'uomo, imparando dalla lezione appresa dalla pandemia. È in questo scenario, il più coraggioso, in cui si riducono globalizzazione e disuglianze, che l'autore confida. Una scommessa? E come si vince? "La scommessa si vince facendo tesoro di quella che è stata la lezione durante la fase più critica della pandemia. Cioè la capacità di affrontare e tenere sotto controllo una cosa sconosciuta che neanche la comunità scientifica sapeva esattamente dirci come tenere a bada. Se si pensa, ciò è avvenuto attraverso una serie di atti

Il professor Vittorio Emanuele Parsi, al centro della foto  (La Voce del Popolo)
Il professor Vittorio Emanuele Parsi, al centro della foto (La Voce del Popolo)

individuali: ci siamo messi la mascherina, siamo rimasti a casa, e tutto questo in assenza di misure effettive di coercizione o di controllo. L'abbiamo fatto pensando agli altri, per proteggere i più deboli, i più vulnerabili. E ognuno ha avuto indietro milioni di gesti simili che hanno finito per proteggere lui stesso. Quindi abbiamo scoperto come l'altruismo non sia un costo ma alla fine un investimento. Abbiamo scoperto che il rallentamento del sistema era necessario per ricollocare al centro l'essere umano, che è la parte più vulnerabile del sistema della globalizzazione. Allora io credo che partendo da quello che abbiamo già saputo fare possiamo chiedere a chi ci rappresenta di poter continuare a farlo. Quando dico una riduzione della globalizzazione non intendo chiudersi ognuno nel suo recinto economico, politico, sociale, anzi. Dico semplicemente una globalizzazione a ritmo umano. Che è anche il ritmo del non umano, paradossalmente, il ritmo dell'ambiente. Dunque un ritmo che sfrutti meno l'ambiente, che sia più rispettoso dell'ambiente, perché anche questo è un gesto di altruismo, che ci restituisce molto di più di quanto facciamo. Dipende molto da noi. Io sono convinto che la storia offre opportunità, porte scorrevoli, contingenze che sta a noi trasformare in cambiamento. Facile? Diffficile? A me sembra che non abbiamo grandi alternative". (ornella rossetto)