Foto: Radio Capodistria/Dionizij Botter
Foto: Radio Capodistria/Dionizij Botter

Nei risvolti della legge approvata in prima lettura giovedì nella sessione ordinaria della Camera di Stato compaiono anche i riflessi dell'utilizzo dello sloveno nei luoghi pubblici, una situazione che durante l'ultima riunione convocata a Capodistria per le commissioni nazionalità e toponomastica aveva convinto a intervenire politicamente, chiedendo un chiarimento alla ministra della Cultura, Asta Vrečko, che già alcuni mesi fa aveva dato la sua disponibilità in merito. Infatti, il deputato al seggio specifico della comunità nazionale italiana, Felice Žiža, aveva scritto alla ministra Vrečko, chiedendole di mantenere le targhe in lingua originale, così come compaiono in documenti e registri storici. "la ministra mi ha risposto nell'arco di una settimana e aveva tolto la dicitura 'tabelle storiche' dall'interno della legge, quindi non ci sono più, e ritengo questo sia un chiaro segnale politico, perché sostengono esattamente quello che noi vogliamo dire, cioè che i nomi dei vari toponimi e odonimi possono essere scritti solo in lingua originale, ovvero il nome proprio che viene ritrovato nei vsri archivi e documenti storici, e non deve quindi essere assolutamente tradotto."
In base alle prime predisposizioni di legge, infatti, era previsto che nelle zone nazionalmente miste dovesse comparire innanzitutto la lingua slovena, incluse le tabelle storiche. Così la pensano ancora gli ispettori che sono intervenuti in base a queste indicazioni, creando una situazione poco chiara anche a chi questa faccenda la segue in prima battuta, creando un cortocircuito tra indirizzo politico e amministrazione sul territorio: "in effetti sia io che i due presidenti delle due commssioni non sono, non siamo riusciti a capire se effettivamente sia solo un problema di comprensione delle leggi, e quindi dell'ispettorato, o se ci sia dietro anche un problema politico. Io credo che il problema politico dietro non ci sia".

Valerio Fabbri