Immaginatevi il suono di sirena di una nave che fende la nebbia. Con i porti non si sa mai cosa ci nascondono. La storia ci insegna che un porto, prima di concretizzarsi, può essere un’ idea, oppure il contrario. Ad esempio, il porto di Trieste, una volta concretizzato in funzione degli interessi dell’ impero austriaco, diede vita ad un’idea, quella del crogiuolo di genti provenienti in città da tutto il mondo. Caduto l’Impero anche il crogiuolo venne a cadere. Al contrario di quanto avvenne con il porto di Capodistria, nato in funzione di un idea nazionale e socialista di rafforzamento dell’ identità slovena sul territorio, su una città. Fallito il socialismo, è rimasto l’ interesse nazionale. Questa è storia.

Foto: Radio Capodistria/Aljoša Curavić
Foto: Radio Capodistria/Aljoša Curavić

Certo, il porto assesta le finanze dello stato, e' carburante e ricchezza, però si sta mangiando la città, l’ ambiente.
Dalla finestra mi giunge il rumore del porto di Capodistria. Stanno martellando il fondale del mare per allungare il molo delle navi portacontainer. Sono navi enormi, che vengono scaricate e ricaricate da enormi gru portuali, che si inalberano fin sopra la città vecchia. Centinaia di migliaia di container e centinaia di migliaia di automobili destinate ad altri mercati europei e asiatici, vengono scaricati e ammassati nella vallata, in passato verde e rigogliosa, di Sermino.

Foto: Radio Capodistria/Aljoša Curavić
Foto: Radio Capodistria/Aljoša Curavić

Mi ha sempre colpito il fatto che, sulle enormi stive delle navi, sulle enormi gru e fra le pile di container, non si riesca a vedere, se non raramente, chi ci lavora. Finiti i turni, vedi passare rare ombre lungo le vie deserte del centro storico, inondate dai rumori del porto e da una flebile musica balcanica che striscia fuori dalle finestre. Leggo (Portale MMC della Radio televisione pubblica slovena, notizia del 7 agosto 2019) che alcune di queste ombre di lavoratori, soprattutto provenienti dalle altre repubbliche ex jugoslave, vengono impiegate da agenzie esterne al porto, con annunci che offrono un onorario di 3,3 euro all’ ora e con la richiesta di registrarsi in un altro paese, ad esempio in Slovacchia. Certo, è una notizia di un paio di anni fa, pre Covid. Non so se nel frattempo sia cambiato qualcosa, anche in peggio, visto che l’ attività portuale è proseguita ininterrottamente anche in tempo di pandemia.
Navi, portate grappoli o veleno …, si chiedeva, in una bellissima poesia, il poeta gallese Dylan Thomas. Bella domanda davvero!