Foto: Davide Fifaco
Foto: Davide Fifaco

Dall’avvio delle proteste contro il Green pass, che l’hanno portata, suo malgrado, alla ribalta nazionale, Trieste sembra aver improvvisamente perso la sua serenità.
Le immagini di migliaia di persone che manifestano contro un provvedimento che per la maggior parte del paese rappresenta un mezzo per vivere in modo quanto più possibile normale senza rischi eccessivi di contagio, ma soprattutto l’aggressività di parte dei manifestanti verso politici, giornalisti e chiunque provi a sottolineare, anche rispettosamente, principi dati per scontati fino a due anni fa e supportati dalla scienza, o a smentire il verbo dei social, hanno fatto sentire improvvisamente i triestini al centro dell’attenzione e anche del biasimo del paese: una sensazione a cui in città non si è abituati.
Se sia una solo una sensazione o un fatto reale è difficile a dirsi, ma la reazione a un movimento che è esploso quasi all’improvviso, alimentato anche da migliaia di persone giunte da fuori città, è stata dapprima scettica, poi incredula, e alla fine quasi rassegnata, ma proprio negli ultimi giorni sono iniziate le prime invocate reazioni.
La prima, e forse paradossalmente la più concreta, è stata la petizione “Appello a Trieste”, che ha avuto un’ampia e crescente adesione, e che oppone alle critiche al Green pass i dati della scienza. Accanto ai contenuti però, traspare anche l’insofferenza per aver visto violato “salotto buono di Trieste”, piazza Unità, le vie del centro, fino al porto, occupati per giorni da gruppi di manifestanti, proteste, banchetti, e bivacchi, che nessuno sembrava poter o voler fermare.

Foto: Alessandro Martegani
Foto: Alessandro Martegani

Oltre che per l’aumento dei contagi, che in parte è stato addebitato proprio agli assembramenti senza distanza e mascherine di persone in gran parte non vaccinate, i manifestanti vengono anche accusati dal triestino medio, più o meno apertamente, di aver fatto “i propri comodi a casa d’altri”.
Forse anche per questo i provvedimenti annunciati da Comune, Regione e Prefettura, per cercare di limitare le manifestazioni e i contagi, sono stati accolti senza troppi problemi, nonostante, per stessa ammissione del prefetto Valerio Valenti, rappresentino una “compressione del diritto di manifestare”, necessaria per tutelare il diritto alla salute. Lo stesso Sindaco, Roberto Dipiazza, annunciando l’ordinanza che da una parte ribadisce regole già esistenti, come le mascherine e la distanza nelle situazioni di assembramento, (regole che evidentemente finora nessuno ha fatto rispettare) e dall’altra vieta le manifestazioni in piazza Unità, si concentra più sui danni all’immagine di Trieste, su cui intende procedere anche per via giudiziaria, e al decoro del centro cittadino. C’è anche chi ricorda il danno economico provocato ai commercianti e alle attività, già messe a dura prova da due anni di pandemia.
Sull’ordinanza fra l’altro non mancano le critiche, come quelle di Adesso Trieste che, pur essendo assolutamente distante dai no vax, ritiene ingiustificato dal punto di vista scientifico impedire le manifestazioni in piazza Unità, e ricorda invece come sia necessario “il rispetto di quelle che prima di essere norme di legge, sono misure di buon senso e cura reciproca, come il distanziamento e l'uso delle mascherine in situazioni di assembramento”.
Una situazione che vede fronti assolutamente trasversali e non compatti da entrambe le parti, ma gli eventuali legittimi dubbi o critiche sulle limitazioni alle manifestazioni, condivisibili o meno, sono cosa ben differente dall'intollerabile violenza, verbale e non solo, degli attivisti no vax e no green pass sui social e nelle strade, contro chiunque non la pensi come loro, una deriva peraltro partita ben prima degli ultimi provvedimenti del Comune.
Le accuse principali vanno soprattutto alla stampa, rea di non dare abbastanza spazio alle iniziative dei no Green pass, anche se in realtà sono presenti in apertura su tutti i giornali da quasi un mese.

Foto: Alessandro Martegani
Foto: Alessandro Martegani

Gli attacchi non vanno però solo ai giornalisti: lo stesso presidente della giunta regionale Massimiliano Fedriga ad esempio ha parlato di minacce e insulti continui sui social, e, come riporta la testata online “Trieste Prima”, su uno dei siti che fanno riferimento al movimento no Green pass sono apparse minacce di morte all’indirizzo del sindaco Dipiazza, fra l’altro, ma anche questa non è una novità, basate su informazioni superficiali e non verificate, poiché era stata attribuita al sindaco una frase, pronunciata invece dal presidente di Confindustria Michelangelo Agrusti: “Se questa è una guerra aveva detto parlando della campagna vaccinale - i no vax sono disertori". Una frase sicuramente infelice, perché pronunciata nel corso di una conferenza stampa rischiando di alimentare un clima già pesante, ma che non giustifica in alcun modo la violenza verbale, che può avere prima o poi anche delle conseguenze reali, né la superficialità, che, in fondo, è alla base di gran parte della dialettica sui social.
Una deriva a cui su può far fronte sono rispondendo alle fake news degli “scienziati da tastiera” con notizie verificate, accettando il dialogo ma non le intimidazioni, rispettando le opinioni differenti, ma anche le norme di legge e la dignità di chi ci sta di fronte.

Alessandro Martegani